“ Gli uomini saggi sono sempre
veritieri sia sulla loro condotta, sia nei loro discorsi. Non dicono tutto
quello che pensano, ma pensano tutto quello che dicono”.
Lo scrittore tedesco del settecento, G.E. Lessing, nel suo “Manuale di morale” ha inserito questo
monito molto suggestivo che potremmo sintetizzare nel seguente modo:
“Il sapiente pensa
tutto quello che dice, lo stupido dice tutto quello che pensa”.
Queste parole sembrano state scritte oggi. Basta, infatti,
accendere la televisione, assistere a un comizio e ascoltare certi dialoghi che ci vengono
“somministrati” come pillole quotidiane, per scoprire come domini in maniera
molto evidente il senso di questa frase. Una valanga di stupidità, di
chiacchiere, di pensieri fatui eruttano da una interiorità sempre più prossima
ad identificarsi con la superficie, con l’esteriorità. Manca del tutto la
sincerità, l’essere quello che si è. Tutto è spalmato nei social dove sono
esibiti “trofei” e dove tutto diventa un “traguardo” anche se effimero. La
ricerca ossessiva dei mi piace ha spostato ogni tipo di comportamento
dall’etica all’estetica. Non ci sono più contenuti e ragionamenti.
Tuttavia c’è una esibita sincerità che si manifesta volutamente, come ingenuità divenendo visibilmente dabbenaggine. Questa finta “sincerità” è immaturità,
imprudenza, stupidità vera e propria. In questa chiave vale la lezione dello
scrittore Lessing: essere “veritieri nella condotta e nei discorsi” vale solo
quando si hanno una formazione e una ricchezza interiore, ossia quando si è
saggi. Altrimenti è solo un “espettorare”
banalità, insulsaggini, scemenze e volgarità.
Il pensare e il dire sono, quindi, correlati, e senza un
autentico e sostanzioso pensiero il silenzio è d’oro. E se è vero che abbiamo
bisogno di silenzio e non di false sincerità, abbiamo anche bisogno di parole
che siano vere, dense di cultura e di memoria storica. Abbiamo la necessità,
quasi vitale, di uomini preparati che
sappiamo usare la mente e la lingua all’unisono. Che insegnino non che urlino. Non abbiamo
bisogno di chi ride, ma di chi pensa, perché spesso il riso abbonda nella bocca dello
stolto.
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