domenica 26 novembre 2017

LA CADUTA DEGLI DEI

“La paura ha creato gli dei”
Ovidio
Strani tempi, piazze vuote, microfoni spenti, poche “visite”, nessuna assemblea pubblica. Post vincenti, foto di candidati ritoccate nelle quali appaiono giovani e freschi, quasi “nuovi”. Frasi populiste grondanti di bene pubblico, cuore al territorio, e testa che vede solo la poltrona.  Benvenuti nel nuovo mondo degli Dei, si quelli di casa nostra che malamente scalpitano verso lidi più ambiziosi. Questi nostri Dei che, non parlano più con i cittadini, che rifuggono le piazze avendo paura di trovarle vuote, che non si confrontano se non fra loro, che ruolo avranno d’ora in avanti? Amministratori, segretari, dirigenti di partito, che partita giocheranno? Campagne elettorali dense di strategie individuali e personali, lontane anni luce dagli slogan banali che diramano.

Non ci sono più le campagne elettorali di una volta, direbbe il saggio! E forse è vero, tutto ormai è solo per gli addetti ai lavori, per chi ha inteso la propria carriera politica come un lavoro, tessendo ora con questo, ora con quello. Facendo propaganda elettorale ora per questo ma anche per quello. Alcuni poi, danno per scontato il voto dei militanti, come se fosse obbligato e non un diritto. Follie senza coraggio. Nessun tema, solo cercare la lista giusta, la compagine non ha più alcuna importanza, l’importante è quotarsi, meglio se ci si posiziona. Il nostro territorio diviene la punta di diamante per chi, dimenticando le strade che non esistono più, gli acquedotti colabrodo, la cultura distrutta ad uso e consumo delle terribili sagre di paese, pensa di fare il salto in ruoli più ambiziosi. Quello che ci chiediamo è, in assenza dei temi veri, (ne ricordate forse qualcuno di questa recente campagna elettorale?) che senso ha tutto questo se non il disvelamento di quello che è ormai la politica? Non ci sono più i cittadini, non ci sono più i problemi comuni al centro, solo la corsa di uno cui molti partecipano anche solo per un piccolo tornaconto. Se l’uomo non avesse avuto paura, non avrebbe creato gli Dei e di questi essi si compiacciono, delle paure altrui, verso le quali sgorgano promesse vane. Azzardando, gli uomini hanno creato certi politici per disperazione. Tuttavia il risultato elettorale, se dovesse essere recepito bene e cioè attraverso una profonda autocritica e un passo indietro definitivo dei “vecchi” almeno dei perdenti, dovrebbe portare qualcuno a riflettere che fare la farfalla di ogni fiore, che ammutolire un partito forse l’unico che ancora esisteva dalle nostre parti, non è la soluzione. Che invitare un candidato presidente e incontralo nelle ditte private e non nelle piazze non è una buona idea né tanto meno rispettoso verso gli elettori. Che oltre alle legittime ambizioni personali, la politica è altro, è partecipazione, non improvvisazione, è avere una nuova utopia, sganciarsi dal “ si è sempre fatto così”…dovrebbe portare a riflettere molti di quelli che hanno votato turandosi il naso, pur di raggiungere l’obiettivo di uno solo. Facili e banali intrallazzi, così evidenti da fare tristezza.  Vico parlava di corsi e ricorsi, e noi siamo fiduciosi che il risultato elettorale, possa rappresentare il giro di boa verso uomini e donne diverse, verso intelligenze coraggiose e non gregarie. Verso il ritorno del rispetto delle intelligenze e delle capacità altrui, troppo spesso sacrificati sull’altare di quegli Dei cui stavolta il gioco non è riuscito e cui resta solo, un’inesorabile caduta.

martedì 19 settembre 2017

La passerella

“Il dubbio è una passerella che trema tra l'errore e la verità.“
G. Bufalino

L’estate appena trascorsa è iniziata velocemente, con un ritmo vertiginoso sono piovute come dal cielo, nomine su nomine, alcune di carattere gratuito altre onerose. Esperti si avvicenderanno per rendere Castelbuono un centro permanente di progettazione; tutti i settori saranno privilegiati, nessuno escluso. Qualcuno si è chiesto come mai ci sono esperti a titolo gratuito e altri, al contrario, a titolo oneroso… Non conosciamo la ragione, però, con un azzardo filosofico, ci torna utile la teoria calviniana sul lavoro: in buona sostanza, meno valido è, meno bisogna retribuirlo…Ma non vogliamo pensare male! Attendiamo con curiosità sviluppi. Mentre nelle piazze estive esplode il talento degli organizzatori nostrani degli eventi più importanti, nella piazza principale, a seguito di uno stanco e sempre uguale festival jazz, si avvicendano personalità che a vario titolo discutono su temi, a volte anche incerti. Treni, strade, lavoro, cultura, leggi fiscali, criminalità, turismo, reddito delle famiglie, famiglie, mafia, crescita, bisogni, bellezze naturali e paesaggistiche. E ancora: cibo di strada (ultima trovata!), enogastronomia, agricoltura, giovani che restano e giovani che vanno via. Con tutti questi argomenti si sarebbe potuto costruire un programma elettorale per le future elezioni regionali o nazionali. E se, qualcuno dei partecipanti ha saputo argomentare anche in modo interessante, restano al palo risposte a tante domande e la confusione aumenta. Qualcuno la chiama schizofrenia, cioè quell’incapacità di rispondere alla domanda…argomentando con altre domande o sorvolando. Non ci sono state risposte sul rifacimento delle strade, e però parlano di sviluppo del turismo. Ci daremo all’agricoltura biologica e però non sappiamo con quale acqua…con quale rete idrica. Diventeremo un polo turistico che non conosce stagioni…e però non abbiamo servizi al turismo a iniziare dai servizi igienici. Valorizzeremo il bosco…e però non si sa chi farà i sentieri e chi si prenderà cura della manutenzione degli stessi. Andiamo avanti, non ci preoccupano neanche le migliaia di giovani che hanno lasciato il nostro territorio perché privo ormai di molte prospettive…No, la politica risponde che hanno fatto bene ad andare via così faranno esperienza e poi torneranno. Torneranno a fare cosa? Rimandare, rimandare, continuamente le risposte vere è il vero tema delle passerelle, ed è inutile che si dica che ci sono tante opportunità se la politica non scenderà dal qual palco e comincerà a fare sul serio. Non basta il talento che abbiamo visto ancora una volta per le vie del nostro paese nelle notti estive. Non bastano le intelligenze, le competenze se ad accompagnarle, senza colori, ma con tanta trasparenza e dignità non sarà la politica, in modo serio per tutti senza piageria di parte. E così siamo rimasti con tanti e tanti dubbi, come ci ricorda Gesualdo Bufalino, ancora una volta tra l’errore (magari di averli votati) e le verità che da soli abbiamo scoperto…

domenica 27 agosto 2017

L'eterna devozione

“L’amore è come la devozione; viene tardi”
A.      France

Vite che si inseguono per le strade, anime affaticate salgono le scale. Bambini chiassosi che camminano con coppi coloratissimi e illuminati da piccole luci. Segni che si ripetono anno dopo anno, secoli dopo secoli che prendono il cuore di tutti i castelbuonesi. Scende dal Castello e viene a trovarci, le a noi devota, lo fa ogni anno; noi devoti a lei lo facciamo di tanto in tanto. Cambiano i tempi e l’uomo, per sua natura, tende a modificare quegli aspetti che hanno bisogno del cambiamento. Anno dopo anno, siamo qui a constatare che ancora, inspiegabilmente, si da seguito ad una convezione che sa solo di apparenza. Lo diciamo noi, che ne siamo stati protagonisti nel passato e che proprio da protagonisti, sollevammo allora la questione. Il punto è: ha ancora senso che i devoti a piedi scalzi facciano la solenne processione stando distanti dal Sacro Teschio di Sant’Anna, venendo molto dopo le autorità…finanche dopo la banda? Come detto, sollevammo questo quesito in tempi in cui avevamo il ruolo per poterlo fare e la risposta fu: Ma si è fatto sempre così…!!! Ecco, questa frase, il “si è fatto sempre così”, dice in verità, che nulla si deve cambiare. Che la devozione, quella vera, quella spirituale, viene dopo, come ci avverte France. Oggi, è vero, il nostro paese assiste ad altro tipo di devozione, lontana dalla spiritualità e pregna di protagonismo. Altri devoti stanno vicino all’idolo del momento, quelli veri, quelli che il viaggio a piedi scalzi lo fanno per ragioni profonde, lontani dalla ragione per cui sono li. Cambiamo, cari paesani, portiamo avanti questa battaglia di civiltà e spiritualità. Siamo sicuri che anche le nostre autorità, prenderanno nella giusta considerazione questa proposta che non è nostra, ma del popolo. Quel popolo che non si è sottratto, durante il Centenario della donazione del Teschio, a seguire Sant’Anna in un freddo febbraio di qualche anno fa. Un popolo che attende un anno, che aspetta con pazienza di poterla vivere, toccarla, starle semplicemente accanto. Lo diciamo noi, con tanto rispetto, noi che non pratichiamo la fede, ma che abbiamo grande considerazione per chi, come molti, ogni giorno dedica parte del suo tempo alla spiritualità religiosa. Sant’Anna non è solo la patrona, è la nostra identità, è la nostra storia. Patria senza confini, terra accogliente e casa che ospita tutti. Il popolo merita attenzione, sempre, in particolare quando è affaticato, quando, si spoglia per donarsi. Il popolo di Castelbuono merita questa crescita culturale, merita di stare davanti. Qualcuno, a ragion veduta, deve lasciare che sia così. Solo così l’amore verrà prima.

martedì 18 luglio 2017

Il mondo di sotto


“La mente dei viventi non umani è del tutto funzionale alla vita del corpo e in quanto tale è priva di possibilità di evasione o di menzogna. La mente degli esseri umani al contrario evade abbastanza spesso dalla realtà e altrettanto spesso non esita a mentire: omette, inventa, simula, dissimula, non vede quello che c’è, ma sempre quello che non c’è. La mente mente. Per questo essa ha bisogno di una specifica virtù che la guidi. Phrēn, la mente, ha bisogno di phrónesis, la saggezza. Phrónesis-saggezza è la luce che indirizza la mente, è la facoltà di discernere, di soppesare e valutare una cosa, una persona, una situazione per quello che sono in sé e per quello che sono nel loro contesto, e poi di decidere e rimanere coerenti con la decisione presa. La saggezza è il ragionamento che dirige l’agire verso il bene.

 Vito Mancuso.

Tempo d’inganni e di speranze, tempo di attese e rese; tempo di apparentamenti e di spaesamenti. C’è un tempo per tutto e per tutto c’è un tempo. Nel nostro paese sembra calata una coltre di presunzione, fatta di assenza di stile e di parole non dette. Prima si parlava tanto, tutti avevano tanto da dire…ora il silenzio la fa da padrone. Parole vere attenzione, perché di altre ne abbiamo a iosa. E’ il mondo di sotto che si muove, che non si manifesta, ma che agisce all’insaputa dei “compagni” per trarne guadagno. E’ il mondo dei mercanti di etica che si affannano tra loro a ricevere un segno, un segnale, forse anche una telefonata che li rincuori per l’avvenire, loro che nel passato le mani non se le sono sporcate e che per quel poco, pochissimo che hanno fatto aspettano adesso la grazia! E’ un modo silente che sa di non dovere parlare, di aspettare, di dare un colpo al cerchio e una alla botte. Nuovismi da Balena bianca dei nostri giorni che si accreditano tra le file di un partito che forse in fin dei conti non è mai esistito.

Opposizioni inesistenti alla miseria morale, posizioni latenti che affascinano il mondo di sotto e lo alimentano. Censure, collaborazioni fittizie con alcuni, contratti scritti con penne indelebili per altri.

Molti visi, poche voci, pensieri celati, “mi piace” esibiti come a dire…”io non sono contro di te…è stato quel che è stato solo per due mesi…ora torniamo a essere noi…”. Noi chi? Il mondo di sotto resta così celato e la nostra mente vede e non vede; scorge, intravede in modo approssimato quello che sta succedendo o forse che non è mai finito. Nessun cambiamento anzi una forte restaurazione anche nei rapporti, meno autentici sono, meglio è e più facile è per il Mondo di sotto ottenere e non dare. Evade dunque, il Mondo di sotto dalla realtà, la cela, cerca di padroneggiare i fatti ergendosi a simbolo. Due sono le categorie che non aderisco al mondo di sotto: chi da esso è censurato e tenuto lontano perché temuto; l’altra categoria è quella delle persone sagge, quelle che sanno che la mente da sola mente e quindi si affidato al libero pensiero pur di segnare la differenza e di essere veramente alternativi.

Ci vuole tanta saggezza e tanta libertà per non cadere nel Mondo di sotto, per non avvicinarsi alla tentazione di fare parte di questa variegata ed eticamente malandata compagine. Faticosa è la mente del mondo di sotto, omette, inventa, simula, dissimula, non vede quello che c’è, vede quello che non c’è ma lo  omette, inventa altro, simula e dissimula, vede quello che c’è ma parla di  quello che non c’è.

Noi lo osserviamo da tempo il Mondo di sotto, lo vediamo plasticamente anche sui social darsi da fare; lo scorgiamo nelle case, quando chiusa la porta dice “ non è mia responsabilità…” lo abbiamo conosciuto ne portiamo ancora le ferite. Non lo assecondiamo, lo leggiamo cercando di mantenere la mente lucida e il cuore libero, sperando di diventare, un giorno,  abbastanza saggi da mantenere sempre la giusta distanza.

 

lunedì 19 giugno 2017

CASTELBUONO E’ LIQUIDA



 
“Se oggi si può ancora parlare di «rivoluzioni» lo si può fare solo a posteriori – quando, guardando indietro, ci rendiamo conto che si sono accumulati tanti cambiamenti piccoli e apparentemente insignificanti, ma sufficienti a produrre una trasformazione qualitativa, e non solo incrementale, della condizione umana. Privata dei suoi originari referenti, l’idea di «rivoluzione» è stata banalizzata: la usano e ne abusano quotidianamente gli autori di spot pubblicitari, per presentare come «rivoluzionario» ogni prodotto «nuovo e migliorato».” 

Z. Bauman

La campagna elettorale è finita, portando via con sé speranze, certezze, delusioni, soddisfazioni e lacerazioni. Sentimenti diversi hanno agitato i movimenti politici, prima, durante e dopo.

Sono stati mesi intensi, lunghe notti a pensare strategie, a incontrare i cittadini, a scrivere, pensare e riordinare le idee per il futuro. E’ stato un tempo lungo per la voglia di credere che Castelbuono potesse cambiare davvero, che fosse finalmente arrivato il tempo del nuovo, al contrario è stato un tempo breve per i toni che hanno condizionato tutta la campagna elettorale.
A differenza di molti, non abbiamo scritto nulla il giorno dopo l’esito elettorale, perché abbiamo voluto attendere, meditare, riflettere…E’ bastato poco per decidere di scrivere questo pezzo, è bastato, infatti, andare a rileggere quello che nei mesi precedenti avevamo scritto. Tutto molto prevedibile.
Una campagna elettorale, agitata da una parola che ne ha fatto da filo conduttore: tradimento.
Iniziò tutto da un tradimento, prima umano poi politico; traditi, sono stati i militanti, traditi coloro i quali volevano il cambiamento e non la restaurazione. Traditi amici che sono stati messi alla berlina da chi ha deciso di sostenere candidati insostenibili. Tradito, è stato il futuro preferendogli il passato. Un mancato ricambio generazionale, non voluto dai tanti che democraticamente hanno eletto l’uomo forte e non il cambiamento. Deliri dai comizi contro gli uomini e non contro gli avversari politici; attacchi personali e non alle idee, poche in verità ne abbiamo sentite; dicono solo che il leader che ha paura della testa parla alla pancia dei cittadini, ai loro bisogni. Castelbuono è come un corpo umano, in cui i pensieri non bastano a governare gli istinti. Allora la restaurazione, li favorisce, li corteggia, li incoraggia, come humus della sua azione politica vincente. La paura prende alla pancia, come un pugno non alla testa; la paura è male fisico, il leader lo sa, e spinge quel pugno, con un sorriso imbonitore, agitando dal palco accuse e toni da stadio. Il leader che vince senza compagni, che abbraccia uomini che non hanno nulla a che vedere con la sua storia, rinuncia definitivamente al ruolo di padre “nobile” per ricoprirne un altro, meno politico, molto tattico, autoreferenziale e, dunque, spudoratamente populista. Abbiamo sempre difeso la democrazia, non solo quella delle primarie, e anche oggi lo faremo, il leader ha vinto e quindi merita di governare. Quello che ci preoccupa è però il clima che si è istaurato a Castelbuono; dopo la vittoria, i vincitori non hanno fatto altro che aggredire e prendersi beffa dei vinti. Con un crescendo di parole, post, atteggiamenti; i vinti, da parte loro, hanno risposto con altrettanta veemenza alle aggressioni verbali, neanche fossero una corazzata, contro gli altri. L’hanno fatto  in campagna elettorale quando hanno attaccato le persone e non i politici. Sembrano essere svaniti nel nulla i principi basilari di una comunità: la solidarietà, il rispetto verso l’altro, il riconoscere le competenze e le appartenenze; questo disconoscimento continuo, rende Castelbuono liquida, come l’acqua che prende la forma del contenitore in cui si trova, senza  fare opposizione…liquido che scivola via senza attrito, così la moltitudine si fa portare ora a destra ora a sinistra, tanto non cambia nulla…
Incoerenze, finzioni, tatticismi, amici che si sono rivelati peggiori dei nemici, sorrisi ingannevoli, maschere, tutte, avrebbe detto Pirandello. Maschere che hanno avuto in testa solo la vittoria di uno contro il modello di un rinnovamento di tanti. Contro l’idea che anche altri sono capaci di fare politica, e invece no, l’ego ha vinto sui molti, l’arrivismo sulle idee, i veti sulle persone. Chi vince, in democrazia deve legittimamente governare, e dovrebbe farlo con i “compagni”, con chi ha valori, ideali e progetti di politica amministrativa-gestionale da condividere …Castelbuono merita in fin dei conti questo esito, lo merita perché da dieci anni ha smesso di interessarsi della politica, lo merita perché il livello culturale e civico relativo al bene comune si è inabissato per rincorrere l’interesse personale. Lo merita perché l’unico partito strutturato ha dimostrato di avere i piedi di argilla e di subire ancora la sudditanza del leader, che prima se ne va, poi piazza i suoi, poi li toglie…una politica che assomiglia sempre più a Monopoli o a Risiko!
Le rivoluzioni per essere compiute hanno bisogno di tempo, esse però sono rivoluzioni anche quando invece di andare avanti tornano indietro. Castelbuono ha dimostrato di avere perso di vista la sua castelbuonsità, quel senso di appartenenza, quel senso di Comunità, perché i vincitori non salutano più neanche i vinti. Non osiamo pensare cosa diranno di queste nostre righe… Dovrebbero sapere però che quella democrazia che loro sbandierano secondo i casi, permette a chiunque di esprimere ogni  diritto di critica. E noi lo abbiamo sempre fatto e continueremo.
Ed è questo il dato più importante, Castelbuono non è pronta a cambiare, a chiudere il libro per scriverne uno nuovo. Ha, invece, ancora bisogno dell’uomo forte che risolve i problemi, che sa rispondere all’avversario tuonando e non ragionando. Ha bisogno ancora di contraddizioni, di non trovare spiegazioni ai tradimenti, ai volta gabbana, agli amici che deludono e non rispondono più.
Ha bisogno di non entrare nelle cose, di sentirsi abbastanza distante per non assumersi la responsabilità.
Un paese diviso, lacerato, forse anche umiliato che però è connivente con lo stato delle cose.
Governeranno ed è giusto che sia così, ma non necessariamente stavolta dobbiamo aspettare cinque anni per giudicare. Li conosciamo, sono un libro aperto, mosse, parole, tattiche…
Noi pensiamo al contrario, che avere idee diverse, dimostrare senso critico sia il sale vero della democrazia,  dell’azione e della crescita umana.
 Essere in disaccordo, avere lo scontro tra diverse opinioni, tra diverse visioni del giusto, dell'ingiusto, e così via, è quello che avremmo voluto come confronto politico e auspichiamo che sempre ci possa essere.
Vi lasciamo con una frase di Bauman che rende bene quello che pensiamo…e che è solo rimandato…
“Nell'idea dell'armonia e del consenso universale, c'è un odore davvero spiacevole di tendenze totalitarie, rendere tutti uniformi, rendere tutti uguali. Alla fine questa è un'idea mortale, perché se davvero ci fosse armonia e consenso, che bisogno ci sarebbe di tante persone sulla terra? Ne basterebbe una: lui o lei avrebbe tutta la saggezza, tutto ciò che è necessario, il bello, il buono, il saggio, la verità. Penso che si debba essere sia realisti che morali. Probabilmente dobbiamo riconsiderare come incurabile la diversità del modo di essere umani”
Castelbuono ha  ancora tanta strada da fare e ha bisogno di tanto coraggio per scrivere ancora… perché siamo sempre più consapevoli che certi valori non cambiano con il tempo. Rimangono alla base del nostro vivere quotidiano e di una società. In qualunque epoca. A maggior ragione, oggi, in cui molti “ideali” sembrano sbiadirsi perché giudicati meno importanti o vengono sostituiti da pericolosi rigurgiti populisti, abbiamo bisogno di persone intellettualmente oneste e corrette che dimostrino con il loro esempio che i valori etici e culturali sono fondamentali per poter sostenere e far andare avanti una società civile.




 




sabato 15 aprile 2017

La rinascita


E’ giorno ed è notte, è inverno ed è primavera. Si dorme e poi si rinasce, così è anche la vita, dormiamo, assopiti da mille pensieri, da mille preoccupazioni, poi arriva un tempo, Il Tempo nostro.

E’ primavera, c’è luce, i colori sono vivi, il cielo terso, le giornate sono più lunghe. E’ il tempo della speranza, del pensiero che si fa possibile, delle notti non più insonni ma piene di sogni.

E’ il tempo di credere che il possibile possa diventare atto, che le idee possano realizzarsi.

A primavera arriva sempre la Pasqua, con essa la Rinascita, cadono gli abiti lungi e pesanti, arrivano quelli corti e leggiadri. Non più freddo e gelo ma caldo, luce, sole e forse anche amore.

Ogni uomo ha diritto alla salvezza a rinascere dalle ceneri e dal tempo in cui si è incupito. Ecco, il tempo, dovremmo tornare ad averne ancora e ancora per le cose che ci fanno stare bene, per trovare la forza per andare avanti, il coraggio di assaporarlo questo sole così caldo.

Fresche Frasche, augura una vera e compiuta Rinascita ai suoi lettori, affinché possano trovare quella luce e guardare quel cielo azzurro e terso con serenità.
 
 
 

lunedì 20 marzo 2017

La Rivoluzione culturale


“Essere liberi nella propria mente e nel proprio spirito, senza alcuna sudditanza esteriore, e al contempo coltivare una scrupolosa obbedienza interiore alla verità (o, che è lo stesso, al bene, alla giustizia, alla bellezza, all’amore): questo è il senso della vita spirituale, ed è questo l’obiettivo che intendo promuovere.” 

Vito Mancuso

Nessuno ha urlato, nessuno ha lanciato invettive, nessuno ha attribuito colpe a qualche altro. C’è stato chi ha fatto autocritica, c’era anche chi si è commosso, chi ha voluto attestare di essere lì per aiutare, per testimoniare la propria disponibilità. C’erano ritorni spontanei, c’erano i compagni negli anni dispersi. Qualcuno ha richiamato al rispetto delle regole e della persona, al bene della democrazia. Poteva parlare chiunque, non c’erano liste prescritte, squadre di amici precostituite, nessuna voce si accavallava ad altre. Si è parlato della storia e del futuro. Si sono cercati gli occhi, si è dato piacere alle orecchie, si è nutrita la ragione. C’era la sobrietà e c’era il piacere di ascoltare. C’erano i “padri” e c’erano i figli e nessuna figura divisiva. C’era il silenzio, quello cui non siamo più abituati, c’era perché si faceva attenzione alle parole, giuste, misurate, pensate, posate. Niente attacchi personali allora? Niente accuse mediocri? Niente che sia lontano da come dovrebbe essere la politica? Che si sia interrotto il corso mediocre in cui ci hanno gettato, è ancora presto per dirlo, ma quanto sarebbe bello poterla chiamare Rivoluzione culturale. E’ arrivato quel tempo tanto atteso in cui bisogna sciogliere ogni remora e camminare insieme con gli altri, avere chiaro il percorso da fare secondo le giuste categorie. Unire e non dividere, condividere idee, persone, azioni al fine di risollevare le nostre esistenze in un cammino comune. Preferire tutti e non solo alcuni. Lasciamoli andare quelli che non ne sono capaci e andiamo a cercare chi vuole partecipare. Giuriamo a noi stessi che non si farà più la politica solo durante il periodo elettorale, ma che la faremo ogni giorno, che ogni momento saremo politici. Non facciamo numero, non serve, l’attuale amministrazione ne è l’esempio evidente, facciamo invece, qualità. Realizziamo tutto quello che nel passato sono state promesse mai realizzate. Apriamo le nostre istituzioni culturali alla nostra crescita e a quella delle future generazioni e non solo di qualcuno. Teniamo pulito questo paese, non solo dai rifiuti, ma dalla mentalità egoistica e clientelare di certa politica, dalle esasperanti prime donne. Liberiamo il nostro spirito da sudditanze inutili che ci impoveriscono e non ci permettono di camminare a testa alta. Non rancore ma dolore dobbiamo provare per quello che è stato. Il dolore per le bassezze, per gli attacchi personali, per le gelosie che abbiamo subito, per le disuguaglianze, per i tradimenti. Questo dolore dobbiamo lenire, non con la vendetta, ma con il sapere e la bellezza e renderlo humus del nostro cammino, perché solo così non lo proveremo più e finalmente ne saremo liberi. Dedichiamoci con tutti i nostri sensi alla giustizia, alla bellezza del nostro paese. Educhiamoci al rispetto altrui, a quello doveroso verso le istituzioni, torniamo a dire ciò che pensiamo, non cercando il freddo e facile consenso, ma per dare il nostro fattivo contributo. Non merce di scambio le nostre idee ma  mattoni per costruire. Apriamo la mente, mettiamo al centro l’individuo, la scuola, gli artigiani, gli anziani, facciamo squadra comune per i bambini e gli adolescenti. Giuriamo e non promettiamo che non lasceremo indietro nessuno, che daremo di nuovo un ruolo al nostro paese nel comprensorio. Diciamo che siamo affidabili perché ci fidiamo di quello che diciamo e lo portiamo avanti, non per uso personale, ma comune. Al contrario, non facciamo propaganda né promesse vane che sappiamo non potremo mantenere. Apriamo il Parco delle Rimembranze ai bambini, alle famiglie e non solo alle merci. Torniamo a passeggiare per il centro storico senza che il primo cittadino entri a suo piacimento  senza rispettare le regole, con la sua macchina. Torniamo a dare il buon esempio, così come l’hanno dato i “Padri” in assemblea. Noi “figli” che spesso ci siamo lamentati delle politiche degli altri adesso, non abbiamo più scuse, non possiamo più chiudere gli occhi.  Obbediamo alla verità, giuriamo di essere trasparenti, leali, di non sottrarci mai al confronto. Cerchiamo quello che ci hanno fatto perdere. Prediamo il testimone delle cose vere e torniamo a correre. Facciamolo con amore, con senso di responsabilità, intelligenza, lucidità e  spirito di servizio. Essere liberi ci permetterà con umiltà, di venire fuori da quel dolore, per  crescere e insistere affinché, un giorno molto vicino, potremo dire, di essere stati capaci di segnare davvero la differenza.

 

giovedì 23 febbraio 2017

Il precedente


 

“Colui che fece per viltà il gran rifiuto”

Dante  Alighieri,  Inferno III canto

Difficile in questi giorni non pensare a quanto la storia e la letteratura ci vengano in soccorso per decifrare quanto sta succedendo. Difficile ancora è credere che, tra le pieghe della realtà, non si celi qualcosa di pericoloso. Non siamo stupiti della decisione del “Già visto” a candidarsi per la poltrona di sindaco, lo abbiamo scritto mesi fa, era nelle cose, nel suo carattere autoreferenziale, giungere a questo risultato. Conosciamo la storia politica di questo paese, ne conosciamo gli attori, i passaggi, le fasi drammatiche che hanno condotto a quanto sta avvenendo. In politica, così come nella vita, bisogna avere la memoria lunga e non dimenticare volutamente, ma ricordare per migliorare. Oggi, al contrario, assistiamo a un’involuzione. Il “Già visto”, grida dal palco la parola “Compagni” nei confronti di quelli cui sta tendendo la trappola, li invita a una riflessione che lui ha “Già rivisto”, li scuote a suo dire, perché loro avranno le regole democratiche, ma lui ha la società civile. Le regole appunto, quelle tanto maltrattate da chi oggi amministra,  sono definitivamente surclassate dalla autoreferenzialità di chi crede che da solo, possa vincere. Il Metodo, quello che dà valore al merito, da lui prima condiviso, viene  messo da parte, superato dagli eventi, dalle firme richieste e non raccolte a furor di popolo (quale popolo?). Si sottrae dunque alla democrazia interna per “applicarne”  qualche altra pro domo propria. Con lui si vince, non con le scelte democratiche. Lui ha le idee, gli altri no. Pur di vincere va con chi non gli è stato mai Compagno, con chi non ha nulla a che vedere con la sua storia, con chi, non ha altro interesse che salire sull’eventuale (pensano!) carro del vincitore. Crea il precedente dunque, da questo momento in poi non avrà più senso avere regole, avere un progetto, rispettare i passaggi, perché basterà assoldare qualcuno, raccogliere delle firme e il gioco è fatto. Tutto e il contrario di tutto, purché si  vinca, purché sia lui a vincere.  Non c’è più una strada da percorrere insieme con chi condivide, democraticamente, le  stesse idee per la realizzazione di un progetto politico, ma vincere. Sembra quasi di assistere alla “performance” di un novello grillino, contrario per definizione a tutto, purché si vinca, purché si rompa. Ecco, ha rotto con quel movimento che lo ha deluso, che non è stato subordinato a lui. Ci chiediamo: finché era il candidato sindaco del coordinamento, le regole andavano bene? Il movimento era giusto e corretto? Finché c’è stata quella sudditanza atavica che ha investito il centrosinistra in questo paese, andava tutto bene? Si scaglia contro il partito democratico, provocando anche una pantomima grottesca, nell’illusione, forse, di convincere i più “resistenti”  a credere che i partiti siano il male oscuro. Se la prende con  quelli che chiama ancora spudoratamente compagni, mentre si fa coccolare da chi gli è stato sempre contro. Si bea di essere incontrollabile, si gloria di un passato amministrativo a cui in tanti hanno partecipato, non solo lui. Ritiene di essere la luce alla fine del tunnel, è l’aurora boreale, quella chimera che tutti aspettano. Tutti chi? Fuggire dai 43 e abbracciare i 723 è quello che lo metterà probabilmente ai margini. Chi fugge e non combatte, chi si allontana e non accetta le “regole democratiche” si getta con tutto se stesso verso l’ignoto. Grida dal palco e lo fa con il piglio dell’uomo politico che non si arrende e macina tutti, offende la dignità altrui, ”con lui si vince con lei no”.  Inveisce contro il candidato designato, dicendo subito però che ne ha grande stima. Si arrampica sugli specchi cercando una giustificazione che non ha presa nella piazza che ascolta. Il sogno che ha sempre in mente è solo suo, crede che quella folla fosse lì per acclamarlo, non per ovvia curiosità. Pochi quelli che alla fine si congratulano, per lo più “ex altrui”, oggi folgorati dal “Già visto”.  Gli “ex Compagni” da una parte, gli avventori con le lacrime agli occhi, dall’altra. Come Celestino V che fece per viltà il gran rifiuto. Rifiuta la democrazia, rifiuta di assumersi la responsabilità che l’assemblea gli ha affidato, quella di mettersi al servizio della Comunità e non del proprio Io. Da ex compagno, lui non gli altri, va veloce altrove. Non ammetterà mai che quel sogno che racconta sempre era talmente debole che oggi, di tutto il lavoro svolto negli anni, non ne è rimasto quasi  nulla. Si dice lacerato, combattuto e, con fare compiaciuto, ripete che:  lui non può abbandonare il “popolo“ che gli ha  affidato questa grande responsabilità”. Si arrampica, cade, dice tutto e il contrario di tutto. Sostiene che tanti processi devono essere governati, ribadisce che da via Sant’Anna bisogna uscire per fare rinascere Castelbuono. Fa serpeggiare l’idea che un “impegno così gravoso” non può essere svolto  da una donna già occupata a lavare, stirare, dedita alla  famiglia, che non può avere tempo per la politica. Serve un uomo, l’Uomo di esperienza.  Cerca appigli, si gira, si dimena, fa un cerchio con le mani, non indica ma addita con le parole. Lui che in Piazzetta è cresciuto e che in Piazza Margherita ha governato, richiama la piazza che non lo va a salutare ma, che lo guarda con gli occhi di chi ha “già visto” queste scene.  Tenta di far presa sulla sua popolarità che lo metterà al riparo dagli avversari, convinto che solo con quella i giochi sono fatti. Dimentica volutamente che, a “segnare la differenza” non sarà la gente  che riempie la piazza per ovvia curiosità, ma quella che si sentirà coinvolta a partecipare ad un progetto politico  di rinascita seria per Castelbuono. A nostro parere Il “Già visto” è andato davvero oltre; oltre l’amicizia, oltre quegli uomini e donne che evoca sempre come scelti da lui, inventati quasi dal suo genio politico. E’ andato oltre le regole, la democrazia, l’appartenenza. E’ andato oltre il rispetto della sua stessa storia politica.

sabato 18 febbraio 2017

La sorpresa


“Quando ci si smarrisce, i progetti lasciano il posto alle sorprese, ed è allora, ma solamente allora, che il viaggio comincia”.
Nicolas Bouvier

Alla fine la sorpresa c’è stata, troppo semplice sembrava la Restaurazione contro il Nulla. Banale, tragico come la realtà che stiamo vivendo, il tempo effimero in cui ci hanno trascinato. E invece, quando meno te lo aspetti, qualcuno trova lo spirito giusto, forse anche l’orgoglio per alzarsi e dire finalmente no, ci sono anch’io. Mentre in un’aula il Nostro beveva acqua inquinata per raccogliere e convincere la gente che non era il caso di preoccuparsi del fatto che non sa governare, nell’altra aula si consumava il rito della fine dell’uomo forte. Ora, non neghiamo di essere un po’ preoccupati per le conseguenze che ci saranno, lotte interne di certo, delusioni, uomini e donne che lasceranno per altri lidi, appena capiranno quale sarà il carro del vincitore. Ed è proprio questo il punto, cambiare la visione, non più legata alla vittoria ad ogni costo, ma a una politica vincente che sia da collante verso tutte quelle energie disperse e che abbia ben saldi ideali e valori comuni. Il compito è arduo, la strada in salita certamente, però questo è il momento di prendere le distanze anche da quei “compagni” ( si fa per dire) che ancora oggi danno un colpo al cerchio e uno alla botte solo per interesse personale. Lasciare a casa chi ha dimostrato di non avere valori e di sapere fare, pure male, politica solo su facebook. La sorpresa sarà compiuta quando non ci saranno più interessi di uno ma di tutti, quando si tornerà ad avere una visione per questo paese. I figli hanno “ucciso” il padre, ora questi figli devono essere capaci di “andare oltre” veramente, di avere il coraggio di prendere posizione, di fare politica per le strade, di parlare alla gente e non scrivere post lontani che lasciano il tempo che trovano. Il padre, di conseguenza, che tiene a questi figli, deve restare per sorreggerli, per guardare loro le spalle. Per essere presente nel momento in cui ci sarà bisogno. Perché ci sarà bisogno. C’è bisogno che quel carro non sia assalito da avvoltoi, ma da persone che sanno, quanto costa la fatica e quando sia importante spingere e non salire. Tornare dunque alle idee, ad avere punti di riferimento non barattabili, a non scendere a compromessi personali, ma di volare alto. Legalità, senso delle istituzioni, rispetto per le persone e per i ruoli, nessun attacco personale, troppi da ambo le parti ce ne sono stati. Li abbiamo visti gli avvoltoi in quell’assise, pronti a sfregarsi le mani per agguantare un ruolo, una poltrona, siamo sicuri, facendolo all’oscuro dei due candidati. Gente senza scrupoli che ha tentato invano di “fare suo” questo o quel candidato, li abbiamo visti, poi delusi e senza punti di riferimento. Questo accade a tutti quelli che hanno della politica una visione distorta, personale, del “Levati tu che mi ci metto io”, che hanno cambiato lidi, non morale, per condurre politiche opache e senza contenuto. Opportunisti della prima e della seconda ora, che non partecipano, non si sporcano le mani, ma che al momento giusto calano o cercano di calare l’asso. Il metodo stavolta, è andato oltre loro.   Dobbiamo rendere onore a chi non si è sottratto al volere di un’assemblea, che ha messo in conto di perdere purché davvero si andasse oltre. Questo adesso è il momento più delicato, andare oltre davvero, superare il lassismo e la mediocrità del presente, non parlare con tutti, ma farlo con chi si dimostra capace di portare avanti un progetto. Andare oltre il populismo e l’inutilità degli ultimi cinque anni. Andare oltre ai sorrisi formali e fermarsi accanto alle critiche sostanziali. Avere voglia di crescere e di passare la parola, alla passione, alla visione, alla politica, senza la quale non ci sarà alcun futuro. Che il viaggio cominci.

mercoledì 18 gennaio 2017

Le Fontanelle e le mille verità


“Ci sono due errori che si possono fare lungo la strada per la verità: non andare fino in fondo e non partire”.

Buddha

Si è alzato il sipario, va in scena la verità, la possibilità sul Teatro Le fontanelle. Gira per le vie una nuova verità, è su tutte le bocche, gli occhi si strabuzzano e nella piazza del Castello, tanti cittadini lo guardano con occhi nuovi. Non sembra più così brutto, basta abbassare la quota, fare delle modifiche all’interno, non stravolgerlo e lui potrà essere di nuovo nostro, grande e ampio come solo un teatro merita. Molti non credevano, perché la politica non ha mai spiegato a nessuno il perché dei mille finanziamenti andati perduti, dei tanti progetti faraonici e milionari buoni solo a realizzare l’ennesima sala convegni. Più si faceva silenzio sull’argomento, più crescevano gli interrogativi e anche lo scoramento. Ormai tutto è perduto. Venticinque anni, tanto è durato il silenzio sul Teatro Le Fontanelle. Eppure, dopo l’assemblea pubblica che il Comitato “Rivogliamo Le Fontanelle” ha tenuto di recente, molti di quegli interrogativi sono stati chiariti. La novità è importante, è un fatto in sé. Non ci sono fazioni politiche apertamente che ci spiegano il fallimento di tutti questi anni, il bue che dice cornuto all’asino! Cittadini attenti e competenti che hanno avuto l’ardire di mettersi a studiare i progetti e capire che le soluzioni per riavere il teatro ci sono. Lo dicono i tecnici, le norme, e le soluzioni economiche. Alcuni di questi cittadini hanno facce nuove, finalmente, intelligenze del nostro paese che hanno a cuore il Teatro. Nessun clientelismo alle porte, solo idee. Ah le idee…è proprio con esse che la politica, di tutti gli schieramenti, adesso si deve confrontare. E’ un fatto, dicevamo, che tanti cittadini, moltissimi per la verità, abbiano aderito al Comitato, nell’intento comune di creare quella necessaria massa critica capace di potere ottenere, senza chiedere nulla di personale in cambio, che ci sia attenzione per i bisogni dei cittadini. Questa posizione, potrebbe essere quella rivoluzione culturale di cui abbiamo sempre scritto, che aggreghi i cittadini verso il Bene comune, e che non deleghi ai soliti noti, progetti di propaganda. E’ dai bisogni dei cittadini che si deve partire perché il nostro paese possa rinascere dalla mediocrità culturale e sociale in cui è precipitato. Il teatro dai noi più che necessario, anche storicamente ha avuto la funzione di svegliare le coscienze, di rendere liberi gli uomini, di fare crescere una Comunità. Studio, conoscenza, proposta, questo è il metodo che serve e che dovrebbe riguardare anche con attenzione i nostri musei, gli edifici pubblici di pregio e tutte le altre attività strategiche. La verità che è stata svelata in quell’assemblea, dovrebbe fare riflettere e forse anche indurre a chiedere scusa a tutti quelli che a vario titolo e negli anni, si sono intestati la ricostruzione del Teatro Le Fontanelle. Eppure, sarà anche la scusa delle feste, nessuno di loro ha scritto, nessuno che ha lanciato il solito comunicato privo di sostanza, in cui si prende atto che c’è una nuova situazione in atto. Eppure, il sale della democrazia è il confronto aperto e vero con i cittadini. Infine, poiché ormai il treno è partito, speriamo vivamente che l’unica cosa da fare sia non demordere, e andare fino in fondo per il bene di tutti, perchè quello che non dobbiamo più permettere è che si qualcuno cali il sipario per noi.
P.S: mentre andiamo in stampa, apprendiamo che la politica tutta è ben felice delle istanze proposte dal Comitato. Insieme ad altri, vigileremo che sarà davvero così.

lunedì 2 gennaio 2017

Sadiq, sirano di Damasco

Sadiq è un ragazzo siriano di Damasco. Sadiq è molto gentile e pieno di sana curiosità per la vita. Sadiq, che in arabo significa amico, così lo chiamo io, lotta ogni giorno per continuare a vivere in mezzo ad una guerra che da cinque anni lo sta logorando. E mentre lotta contro il freddo, la ricerca continua di cibo, di acqua e di ogni cosa possa fare vivere lui e la sua famiglia, sente il bisogno di comunicare con il mondo esterno tramite un social rimasto in Siria. Lo fa, e un giorno trova Fresche Frasche, comincia a leggere, di Renzi, della politica, trova anche divertenti i pezzi ironici. Così, continua a seguire questo blog e in un certo modo se ne innamora. E allora, un giorno decide di scrivermi e si presenta, facciamo amicizia, è facile con lui. Sadiq ama il nostro paese, qui ha studiato l’italiano, nella bellissima Siena e si lascia affascinare dalla bellezza di quei luoghi, dal cibo, dalla lingua che ama tanto. Pochi giorni fa, io e Sadiq, abbiamo parlato, lui è un grafico molto raffinato, e così discutendo e mettendo insieme un po’ d’idee, Sadiq, in pochi minuti crea la nuova immagine di Fresche Frasche, perché per lui, siriano di Damasco, Fresche Frasche è un luogo fresco, come un prato, dove ti puoi sdraiare a leggere un libro e a contemplare il cielo. Un cielo pulito, azzurro, senza minacciosi aerei. Sadiq, ama la bellezza e tutte le sue forme, è generoso, vivace e nonostante tutto, pieno di vita. A Sadiq, amico e siriano di Damasco, voglio dire, anche a nome di tutti i lettori di Fresche Frasche, che gli staremo vicini, perché lo merita e perché lui per noi rappresenta la speranza che, in questo mondo, solo la conoscenza può generare bellezza.