“Se oggi si può
ancora parlare di «rivoluzioni» lo si
può fare solo a posteriori – quando, guardando indietro, ci rendiamo conto che
si sono accumulati tanti cambiamenti piccoli e apparentemente insignificanti, ma sufficienti a produrre una trasformazione qualitativa, e non solo incrementale, della condizione umana. Privata dei suoi originari referenti, l’idea di «rivoluzione» è stata
banalizzata: la usano e ne abusano quotidianamente gli autori di spot pubblicitari, per
presentare come «rivoluzionario» ogni prodotto «nuovo e migliorato».”
Z. Bauman
La campagna elettorale è finita,
portando via con sé speranze, certezze, delusioni, soddisfazioni e lacerazioni.
Sentimenti diversi hanno agitato i movimenti politici, prima, durante e dopo.
Sono stati mesi intensi, lunghe
notti a pensare strategie, a incontrare i cittadini, a scrivere, pensare e
riordinare le idee per il futuro. E’ stato un tempo lungo per la voglia di credere
che Castelbuono potesse cambiare davvero, che fosse finalmente arrivato il
tempo del nuovo, al contrario è stato un tempo breve per i toni che hanno
condizionato tutta la campagna elettorale.
A differenza di molti, non abbiamo
scritto nulla il giorno dopo l’esito elettorale, perché abbiamo voluto
attendere, meditare, riflettere…E’ bastato poco per decidere di scrivere questo
pezzo, è bastato, infatti, andare a rileggere quello che nei mesi precedenti
avevamo scritto. Tutto molto prevedibile.
Una campagna elettorale, agitata
da una parola che ne ha fatto da filo conduttore: tradimento.
Iniziò tutto da un tradimento,
prima umano poi politico; traditi, sono stati i militanti, traditi coloro i
quali volevano il cambiamento e non la restaurazione. Traditi amici che sono
stati messi alla berlina da chi ha deciso di sostenere candidati insostenibili.
Tradito, è stato il futuro preferendogli il passato. Un mancato ricambio
generazionale, non voluto dai tanti che democraticamente hanno eletto l’uomo
forte e non il cambiamento. Deliri dai comizi contro gli uomini e non contro
gli avversari politici; attacchi personali e non alle idee, poche in verità ne
abbiamo sentite; dicono solo che il leader che ha paura della testa parla alla
pancia dei cittadini, ai loro bisogni. Castelbuono è come un corpo umano, in cui
i pensieri non bastano a governare gli istinti. Allora la restaurazione, li favorisce,
li corteggia, li incoraggia, come humus della sua azione politica vincente. La
paura prende alla pancia, come un pugno non alla testa; la paura è male fisico,
il leader lo sa, e spinge quel pugno, con un sorriso imbonitore, agitando dal
palco accuse e toni da stadio. Il leader che vince senza compagni, che abbraccia
uomini che non hanno nulla a che vedere con la sua storia, rinuncia definitivamente
al ruolo di padre “nobile” per ricoprirne un altro, meno politico, molto
tattico, autoreferenziale e, dunque, spudoratamente populista. Abbiamo sempre
difeso la democrazia, non solo quella delle primarie, e anche oggi lo faremo,
il leader ha vinto e quindi merita di governare. Quello che ci preoccupa è però
il clima che si è istaurato a Castelbuono; dopo la vittoria, i vincitori non
hanno fatto altro che aggredire e prendersi beffa dei vinti. Con un crescendo
di parole, post, atteggiamenti; i vinti, da parte loro, hanno risposto con altrettanta
veemenza alle aggressioni verbali, neanche fossero una corazzata, contro gli
altri. L’hanno fatto in campagna
elettorale quando hanno attaccato le persone e non i politici. Sembrano essere
svaniti nel nulla i principi basilari di una comunità: la solidarietà, il
rispetto verso l’altro, il riconoscere le competenze e le appartenenze; questo
disconoscimento continuo, rende Castelbuono liquida, come l’acqua che prende la
forma del contenitore in cui si trova, senza fare opposizione…liquido che scivola via senza
attrito, così la moltitudine si fa portare ora a destra ora a sinistra, tanto
non cambia nulla…
Incoerenze, finzioni, tatticismi,
amici che si sono rivelati peggiori dei nemici, sorrisi ingannevoli, maschere,
tutte, avrebbe detto Pirandello. Maschere che hanno avuto in testa solo la
vittoria di uno contro il modello di un rinnovamento di tanti. Contro l’idea
che anche altri sono capaci di fare politica, e invece no, l’ego ha vinto sui
molti, l’arrivismo sulle idee, i veti sulle persone. Chi vince, in democrazia
deve legittimamente governare, e dovrebbe farlo con i “compagni”, con chi ha valori,
ideali e progetti di politica amministrativa-gestionale da condividere
…Castelbuono merita in fin dei conti questo esito, lo merita perché da dieci
anni ha smesso di interessarsi della politica, lo merita perché il livello
culturale e civico relativo al bene comune si è inabissato per rincorrere
l’interesse personale. Lo merita perché l’unico partito strutturato ha
dimostrato di avere i piedi di argilla e di subire ancora la sudditanza del
leader, che prima se ne va, poi piazza i suoi, poi li toglie…una politica che
assomiglia sempre più a Monopoli o a Risiko!
Le rivoluzioni per essere compiute
hanno bisogno di tempo, esse però sono rivoluzioni anche quando invece di
andare avanti tornano indietro. Castelbuono ha dimostrato di avere perso di
vista la sua castelbuonsità, quel senso di appartenenza, quel senso di
Comunità, perché i vincitori non salutano più neanche i vinti. Non osiamo
pensare cosa diranno di queste nostre righe… Dovrebbero sapere però che quella
democrazia che loro sbandierano secondo i casi, permette a chiunque di esprimere
ogni diritto di critica. E noi lo
abbiamo sempre fatto e continueremo.
Ed è questo il dato più importante,
Castelbuono non è pronta a cambiare, a chiudere il libro per scriverne uno
nuovo. Ha, invece, ancora bisogno dell’uomo forte che risolve i problemi, che
sa rispondere all’avversario tuonando e non ragionando. Ha bisogno ancora di
contraddizioni, di non trovare spiegazioni ai tradimenti, ai volta gabbana,
agli amici che deludono e non rispondono più.
Ha bisogno di non entrare nelle
cose, di sentirsi abbastanza distante per non assumersi la responsabilità.
Un paese diviso, lacerato, forse
anche umiliato che però è connivente con lo stato delle cose.
Governeranno ed è giusto che sia
così, ma non necessariamente stavolta dobbiamo aspettare cinque anni per giudicare.
Li conosciamo, sono un libro aperto, mosse, parole, tattiche…
Noi pensiamo al contrario, che
avere idee diverse, dimostrare senso critico sia il sale vero della democrazia,
dell’azione e della crescita umana.
Essere in disaccordo, avere lo scontro tra
diverse opinioni, tra diverse visioni del giusto, dell'ingiusto, e così via, è
quello che avremmo voluto come confronto politico e auspichiamo che sempre ci
possa essere.
Vi lasciamo con una frase di Bauman che rende
bene quello che pensiamo…e che è solo rimandato…
“Nell'idea dell'armonia e del consenso
universale, c'è un odore davvero spiacevole di tendenze totalitarie, rendere
tutti uniformi, rendere tutti uguali. Alla fine questa è un'idea mortale,
perché se davvero ci fosse armonia e consenso, che bisogno ci sarebbe di tante
persone sulla terra? Ne basterebbe una: lui o lei avrebbe tutta la saggezza,
tutto ciò che è necessario, il bello, il buono, il saggio, la verità. Penso che
si debba essere sia realisti che morali. Probabilmente dobbiamo riconsiderare
come incurabile la diversità del modo di essere umani”
Castelbuono ha ancora tanta strada da fare e ha bisogno di
tanto coraggio per scrivere ancora… perché siamo sempre più consapevoli che
certi valori non cambiano con il tempo. Rimangono alla base del nostro
vivere quotidiano e di una società. In qualunque epoca. A maggior ragione, oggi,
in cui molti “ideali” sembrano sbiadirsi perché giudicati meno importanti o
vengono sostituiti da pericolosi rigurgiti populisti, abbiamo bisogno di
persone intellettualmente oneste e corrette che dimostrino con il loro esempio
che i valori etici e culturali sono fondamentali per poter sostenere e far
andare avanti una società civile.