martedì 20 novembre 2018

LA MALINCONIA



“Se si domanda a un malinconico quale ragione egli abbia per esser così, cosa gli pesa, risponderà che non lo sa, che non lo può spiegare. In questo consiste lo sconfinato orizzonte della malinconia”.
Søren Kierkegaard
Gli antichi greci, che tutto ci hanno insegnato, ritenevano la malinconia una bile oscura, melànos che in  greco vuol dire nero e cholè che significa bile, entrambi i termini rendono esaustivo il significato. Anche il grande Ippocrate, padre di tutti i medici se ne occupò, e trovò, proprio in quel significato lo stato d’animo che molti uomini provano. Sicuramente non è un bel sintomo la malinconia, ci costringe a volgere lo sguardo al passato che il ricordo edulcora, anziché osservare il presente che è denso di insidie. Così, quando non abbiamo il coraggio di ammettere che ci siamo messi in un tunnel senza via d’uscita, guardiamo al passato glorioso che le cronache ci raccontano. Di quel passato togliamo tutto quello che non ci piace e selezioniamo solo quello che, pensiamo, abbia contribuito a farci grandi. La mente sa essere davvero incredibile. Alcuni pensano, anche grandi nella storia. Nascondersi e rifugiarsi sono sport molto praticati a Castelbuono e proprio per questa ragione, si cerca insistentemente il passo che fu di un tempo. Lentamente lo troviamo, non abbiamo neanche bisogno di inventare nulla, nessuna fantasia, non serve. Allora così, Castelbuono guarda a quello che era venti anni prima e riapre le porte. Neanche vale la pena chiedersi, quando le ha chiuse, semplicemente non serve. Guardiamo ad altro, al passato anche quando dobbiamo scegliere la classe dirigente. Basta dare uno sguardo veloce e furtivo e possiamo prenderci quella che altri hanno portato all’altare e che però non hanno saputo né valorizzare né fermare quando era il momento opportuno. Il malinconico, non lo sa perché si sente così, fa e basta quello che il passato gli richiama. La sua malinconia non ha orizzonti. Dimentica anche le promesse dal palco, che Castelbuono non sarebbe mai più stata “vittima” delle sagre. Ragion per cui si sarebbe lavorato a un turismo di cultura e storia. Niente di tutto questo, con la classe dirigente di un altro e con il passato che incombe, non c’è posto per la cultura figuriamoci per la storia, tolta anche come tema dagli esami di maturità. Dimenticare è la medicina migliore; meglio ancora, ricordare solo quello che si vuole, tende a fare galleggiare lievi verso un futuro incerto.  In linea perfetta con la politica nazionale, languiscono la voglia e il bisogno di qualcuno di ascoltare altri discorsi, di trovare luoghi, Agorà, possibili per un confronto all’altezza della storia. L’asino, animale docile e favoloso, cui però non è stato mantenuto (neanche a lui, figuriamoci!), un futuro radioso, fatto di pet therapy, allevamenti, produzione dell’attimo latte di asina che ci avrebbe portato ricchezza e benessere. Quanti convegni, quanti incontri, quanta pubblicità e propaganda…proprio in quel passato! Ridotto anche lui a simbolo di un passato che ritorna grazie alla malinconia. A pensarci bene l’asino un po’ malinconico è.





lunedì 15 ottobre 2018

Risate di gusto



“Quando il sole della cultura è basso, i nani hanno l’aspetto di giganti”.
Karl Kraus
Strani tempi, pieni di odio e rancore. Dialoghi che esistono solo sui social a uso e consumo di chi il tema non sa neanche cosa sia ma, accusa e mortifica ancora. Serve sempre un capro espiatorio pronto a immolare sull’altare il cattivo di turno contro l’inadeguatezza e la mediocrità di certa politica.
Diritti umani barattati a favore dei voti di personaggi più scuri che chiari che, ne siamo certi, non decifrano neanche l’italiano.
Sindaci onorati da tutto il mondo, nel nostro caso anche copiati da certi asini, sbandierati come merce da mercato, da un governo urlatore.
Assistiamo inerti al cambiamento dei diritti umani e culturali che i nostri genitori ci hanno insegnato.
La precarietà che c’è stata data in dote, mette in discussione sempre tutto ma, senza affrontare nessuna discussione. Una politica che non ha nulla raccontare, che non si confronta, priva d’idee, che usa, come nel nostro caso, il consiglio comunale, (vedi Consiglio comunale sul tema della raccolta differenziata), solo come strumento per prendere tempo, senza assumersi la responsabilità di una scelta. Una politica che non sa cosa sia il coraggio si nutre giorno dopo giorno solo di Risate di gusto. Appunto nessun tema, nessuna dialettica, solo panini e bevande e risate che non fanno ridere nessuno. E’ questo dunque il tempo che meritiamo? Se c’è una colpa che ha commesso la nostra generazione, è proprio quello di avere alimentato questa deriva.
Oggi per questo motivo, abbiamo bisogno di tutti quelli che nel passato hanno saputo segnare la differenza. Abbiamo bisogno dei loro esempi, del loro lavoro e della loro testimonianza. Abbiamo bisogno di menti superiori che ci insegnino la strada che abbiamo perso o che a fatica cerchiamo di fare in questo guazzabuglio di risate.
Noi non abbiamo nulla da ridere, facciamo con fatica cultura in questo paese che vive, ormai da tempi, solo di raduni e sagre di piazza, sponsorizzando solo cibo di strada, di cui per altro, Castelbuono non è mai stata testimone.
Abbiamo bisogno che emerga la cultura vera, fatta d’insegnamenti solidi e diritti civili veri, che non sia strombazzata dalla pagina Facebook del Comune, che sembra più la pagina di una radio di provincia che quella di un’Istituzione.
Agli intellettuali chiediamo di afferrarci per mano, di strigliarci se abbiamo permesso questo, se abbiamo dimenticato l’associazionismo per valorizzare l’individualismo.
Abbiamo bisogno di essere capiti e compresi, abbiamo bisogno, in definitiva, che il pensiero si faccia presente e pressante contro chi, oggi, continua a sponsorizzare solo risate di gusto, sperando che non siano indirizzate a noi.






lunedì 13 agosto 2018

L'assente


 Questa è tradizione, la parola tradizione viene dal latino tradere, significa tramandare/consegnare quindi oggi ai giovani, ai ragazzi ai bambini è consegnato questo tesoro che è la devozione a sant’Anna”.
Discorso del Vescovo Mons. Marciante alla comunità di Castelbuono
Tum, tum, tum…inizia presto la festa, la mattina del 22 luglio, alle prime luci del giorno, “i Maschiati” ci svegliano per dirci che la festa è iniziata. Santa Maddalena apre la “fera”, voluta dai Ventimiglia tanti secoli fa. Dentro il Castello è tutto una tempesta di riti sacri e devoti ad Anna. Aprite il portone centrale, chiudete la biglietteria, non si paga biglietto in quei giorni. D’altronde la devozione non ha prezzo. Mettete il tavolino dietro il portone centrale e che inizi la raccolta per la festa. Sali su, chiudi le porte, apri le finestre. Attenti ai bambini che non se infilino nell’inferriata, pulite la Sacra Cappella, il mattino presto c’è la prima messa e iniziano ad arrivare i fedeli. Già i fedeli, quelli che non si stancano mai, quelli che vengono più volte al giorno per stare lì anche in silenzio, lì accanto a lei. Mi raccomando i cordoni, non facciamo che passino dietro, dove non si può. Il balcone della Sacrestia deve rimanere aperto perché si possa ammirare il magnifico panorama che hanno scelto di farci vedere secoli fa i Ventimiglia. E’ arrivato il frigorifero che servirà a tenere fresca l’acqua per tutti i volontari del Comitato di Sant’Anna, è una fatica ma mattetelo nelle carceri. Alle 19.00 chiudete le porte del Museo, si va solo su in cima nella Sacra Cappella. La sera accendete presto le luci, ci sono i Vespri, quelle preghiere sussurrate al tramonto che è uno spettacolo ascoltare. E’ il venticinque finalmente esce, ed è esposta, dopo un anno era ora, l’abbiamo attesa tanto. Tac, tac, tac.  sette volte, in un silenzio irreale. I turisti si affollano, i devoti hanno l’atteggiamento della commozione e della fierezza insieme. Per questo li distingui, guardano la loro nonna con occhi diversi dagli altri. Sali, scendi, mille volte le scale, mille botti e tum, tum, tum è mezzogiorno, e poi di nuovo tum, tum, tum è l’imbrunire. La vita, il tempo sono scanditi dai colpi di cannone, come nelle feste che si rispettano. Sali e scendi mille volte e non senti la stanchezza. Il ventisette, chiusi a doppia mandata dentro la Sacra Cappella, il Presidente del Comitato di Sant’Anna, il Direttore del Museo Civico e qualche volontario del Comitato, cuciono finalmente l’oro e preparano con attenzione la Cappa dorata del Sacro Reliquario. Poi scende, bellissima, austera, brillante ed è commozione per tutti, si piange, si ride, si alzano le braccia al cielo, si prega il Rosario in dialetto antico, si abbellisce la Vara che la porterà il giro per la gioia di tutti. Ci sono da preparare le candele, centinaia e centinaia per tutti i confrati e tutti coloro che parteciperanno alla Solenne processione. Un turbinio continuo la festa dentro il Castello, che chi non l’ha mai vissuta, non può comprendere o forse sapere. Un lavoro enorme, massacrante perché tutto sia rispettato, onorato com’è giusto che sia. Un lavoro che va Diretto, governato nei minimi dettagli. Peccato che chi avrebbe dovuto dirigerlo non c’è stato, neanche quando, per quel terribile vento di tramontana che si è alzato nelle notti scorse, creando una forte corrente, ha distrutto le lampadine, (speriamo solo quelle) dei bellissimi lampadari della Cappella. Ora, e sappiamo di non essere fuori da coro, chi avrebbe dovuto, per contratto di lavoro e per rispetto istituzionale, essere presente e lavorare a tutto quello che in poche righe abbiamo raccontato, non solo ha fatto un torto ai presenti che non si sono risparmiati, ma anche a tutti i cittadini di Castelbuono, considerato che ruolo ricopre e perché. Siamo consapevoli che, le istituzioni si onorano solo se si onorano i cittadini. Tutto il resto è manifesto estetico, giusto per occhi di chi guarda l’’ultima sera la solenne Processione. Manifesto estetico che, certamente non passerà alla storia e non farà tradizione, come ci ha magnificamente ricordato il vescovo.




venerdì 20 luglio 2018

La palla


“L'uomo che si lamenta del modo in cui la palla rimbalza è probabilmente quello che l'ha fatta cadere.” 
Lou Holtz
Da circa un anno assistiamo a una preoccupante assenza di dialettica politica, culturale e sociale che ha ridotto a lume di candela il dibattito pubblico. Assente, ormai da qualche tempo, qualsiasi tema propagandato in campagna elettorale, riguardante grandi progetti, meravigliose visioni, enormi sogni…che mai si sono realizzati, e non solo nell’ultimo anno.
Il dibattito, invece, è tra due competitor che evidentemente peccano in due cose: non avere capito che la campagna elettorale è finita da un pezzo e seconda cosa non avere capito i ruoli che ricoprono.
Siamo ormai abituati a una mancanza istituzionale che ha avvilito il clima politico e sociale della nostra amata Italia, ma qui le cose non vanno meglio.
Post su facebook avvelenati e privi, non solo di sintassi, ma anche di rispetto, si rincorrono in continuazione esasperando, non solo i temi che non sono spiegati per quello che sono, ma anche i toni e le intenzioni.
Come il gioco della palla, qualcuno non fa altro che lanciarla, ora a te, ora a me, prima c’eri tu, ora non ci sono io ecc.…è tutto un susseguirsi di rimpalli verbali, di accuse personali, di antipatie portate all’ossimoro. E i temi? E i cittadini che hanno coccolato in campagna elettorale promettendo quei sogni appunto di cui si diceva prima? Anche l’aumento del pane diventa tema per attacchi e insinuazioni, mai quello della benzina che a Castelbuono è diventato vergognoso. E mentre la cronaca locale, ci preoccupa per quello che sta accadendo ai nostri giovani, alle donne, ai bambini indifesi, la politica fa scena nelle piazze, nelle feste e nell’imminente estate che, ovviamente, tutti ci invidieranno. (sic!)
Sarebbe ora di smetterla, di mettersi dentro le cose, di studiare, di avere rispetto, di finirla nel cercare pretesti inutili, anche perché non ci sono più alibi, per due ragioni. Chi oggi è all’opposizione non si può dire ignaro di quanto accaduto nel passato. Fa specie pensare che a qualcuno dia fastidio l’aumento del biglietto del Museo Civico, quando l’ha amministrato, sempre nel passato, senza alcun rispetto per l’Istituzione e in modo leggero.  Sempre le carte parlano, no vox populi, come fa qualcuno. O cadere dal pero per la questione Teatro le Fontanelle, o la vergona assoluta della frana della via Tenente Ernesto Forti. Al contrario chi oggi amministra, invece di tirare sempre in ballo il predecessore, dovrebbe dirci come intende risolvere i veri problemi di questo paese. No. Il pane, oggi conta di più, fingendo un’inutile vicinanza ai cittadini, tirando fuori crisi economiche e storture populiste varie.
Sarebbe opportuno, capire a questo punto chi ha fatto cadere la palla, chi ha iniziato il rimbalzo, intanto noi aspettiamo che ci sia finalmente una dialettica vera, intelligente e profonda.




martedì 19 giugno 2018

Noi siamo altro


“Non esiste una moralità pubblica e una moralità privata. La moralità è una sola, perbacco, e vale per tutte le manifestazioni della vita. E chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o prebende non è un politico. È un affarista, un disonesto”.
Sandro Pertini
Cambiamento, lo chiamano il governo del cambiamento, come se di per sé fosse un fatto positivo. Nuove facce, metodi diversi, urla a convenienza, poltrone che si chiamano contratto: è il populismo bellezza. Qui come altrove.
Quello che preoccupa di più non è il contratto, che, a naso, sarà pressoché irrealizzabile, ma l’insinuarsi di quella cultura populista per cui si parla solo con slogan, si da la colpa agli altri del mancato agire. Qui come altrove.
L’aria che si respira in giro non è delle migliori, anche noi a Castelbuono siamo stati abituati a promesse da paese di Bengodi, a risate sonore e squadre compatte che difendono senza chiedersi un solo perché, il loro idolo. Qui come altrove.
Quello che ci preoccupa è l’insinuarsi delle apolitica populista nel seno della società, così come fu per il berlusconismo.
La politica dovrebbe in realtà essere altro, partire dai bisogni dei cittadini e non propagandare le eccellenze. E intanto, così facendo, piano piano, aumentano i prezzi, come quello dei tagliandi dei parcheggi, del biglietto d’ingresso al Museo Civico, una volta Museo di tutti i cittadini ora solo di alcuni “contemporanei”, senza che nessuno ne parli e con l’avallo di chi amministra. Come se ci fossero due Castelbuono: una atta solo alla speculazione pubblicitaria, poco patinata in verità, e sempre più povera di contenuti e l’altra che affonda sempre più. Quella che non ha Santi in Paradiso e che si vede umiliata e tralasciata in questo turbinio di turismo-cultura-enogastronomia. Allora noi decidiamo di essere altro, rispetto anche alla pagina ufficiale del Comune che, udite, udite! invece di mostrare i fatti salienti che riguardano la Comunità, ci racconta che per fortuna in Piazza Margherita abbiamo avuto la presenza, niente meno che della sorella di Belen Rodriguez, al secolo Letizia! Fatti che davvero il mondo ci guarda e ci invidia.
Più succedono queste cose, più si susseguono queste notizie e noi, ci sentiamo altro, loro stessi ci fanno sentire altro. Siamo quelli che ascoltano che non puntano il dito rosi da pregiudizi, siamo sempre pronti al confronto anche aspro, purché sia fatto d’idee, rispetto e intelligenza. Siamo altro rispetto alla mancanza di dialettica vera che si registra.  Al voluto silenzio ovattato. Siamo altro rispetto alla mancanza di attenzione verso chi ha più bisogno. Siamo altro nel rispetto, sempre non a convenienza, delle regole e delle persone. E’ proprio vero che la morale è una sola, e siamo altro proprio perché la onoriamo sempre.





sabato 19 maggio 2018

La realtà



“Si tratta di vivere il tempo che ci è stato dato con le sue difficoltà.” 
Aldo Moro

Scrivere non è mai un atto semplice, bisogna sapere usare bene le parole, individuare bene i concetti, sapere vedere oltre a quello che si vede con gli occhi. Aprire la mente, osare il pensiero e farlo emergere sviluppando un senso critico atro rispetto a quanto si dice in giro.
Scrivere è coraggio ancora di più in tempi così paurosi, in cui una certa velata serenità è squarciata da notizie di violenza oscura e complessa. Castelbuono, da sempre è raccontata come il paese degli eventi e delle estati che non finiscono mai, ma oggi si trova a sbattere la faccia contro un muro alto, alto fatto di bugie, omertà, silenzio assordanti, in cui chi è più debole ne soffre tutte le conseguenze. Non è forse che andando dietro, in questi ultimi anni, ai primati vani come, del paese più bello, la migliore raccolta differenziata, dando premi per il migliore piatto tipico, la più spiccata personalità e via discorrendo ci si è persi? Manca, è evidente, una regia sociale e politica che abbia un progetto di crescita sociale e culturale che serva a tutti i cittadini. Non parliamo, ovviamente, delle tante iniziative che si susseguono nel fine settinana, ma di un progetto più ampio che lasci perdere i proclami soliti cui siamo abituati e che neanche sentiamo più, e verta verso un’attenzione vera e concreta verso quei bisogni celati dall’omertà e da un inesistente controllo sociale che gridano vendetta.
Bisogna, allora guardare la realtà per quello che è, conoscerla, Castelbuono, è un paese come tutti gli altri, con i suoi pro e i suoi contro, e oggi, dovrebbe iniziare a distinguersi per la capacità di mettere insieme vincitori e vinti verso un unico obiettivo, salvaguardare le famiglie e i minori nei confronti di chi è violento.
Sarebbe opportuno, a questo punto, parlare meno di turismo e cibo di strada e percorrerle insieme quelle strade buie che restano distanti dalla piazza gremita di forestieri.
Serve un patto sociale e politico tra l’amministrazione, le scuole, le associazioni di volontariato, la chiesa, le associazioni culturali che segni una volta per tutte una svolta nel mare magnum della follia quotidiana. A noi il tema sta molto a cuore, lo sentiamo, lo viviamo quasi giornalmente e per questo sentiamo l’esigenza di uscire dalla dialettica degli ultimi tempi volta soltanto alle solite invettive personali, per andare oltre, per fare in modo, che le famiglie, i minori e i giovani che sono rimasti sentano di vivere in un paese bello, sì, ma sicuramente attento e solerte. E per questo faremo la nostra parte. Serve sentire, oggi più che mai, parole vere e concrete, fatti, azioni che possano essere di sollievo a quanti in questo momento non ne hanno. Si tratta, come diceva Moro, di vivere il nostro tempo con le sue difficoltà, con meno lustrini e più consapevole sostanza educativa e culturale.





mercoledì 21 marzo 2018

Lettera aperta alla sinistra


“Sinistra è una bellissima parola, sta dentro di noi, è un insieme di valori, di passioni. [...] Sono di sinistra se, di fronte alla solitudine di un'anziana malata, mi accorgo che anche la mia vita perde qualcosa; sono di sinistra se le rinunce di una famiglia di quattro persone rendono la mia più povera; sono di sinistra se vedo un bambino che muore di fame, e in quel momento è mio figlio, mio fratello piccolo. [...] [essere di sinistra] non è appartenere ad un partito di quell'area, ma quello per cui mi batto. Ciò per cui mi batto mi descrive più di ogni altra cosa”. 
W. Veltroni
C’era un tempo in cui ti distinguevi per le tue idee, per la storia che raccontavi e per la visione che avevi del futuro. C’era un tempo in cui i tuoi ideali tenevano insieme  milioni di persone, il tuo era un popolo che sognava insieme con te. Hai avuto i tuoi leader, fatto le tue battaglie, hai attraversato la storia con coraggio e sapendoti rinnovare. Ci sono stati leader che ti hanno aiutato a crescere, con le loro parole e le loro riflessioni, sapendo cogliere quell’istante storico in cui fosse possibile impegnarsi insieme per costruire un mondo migliore. Poi qualcosa è cambiato e nell’ultima campagna elettorale si è consumato il drammatico epilogo di una catastrofe annunciata. Ti sei persa in un imborghesimento che non ti appartiene, quello stesso che ha disorientato il tuo popolo e fatto avvicinare a te solo sciacalli. Oggi, chi ti vota, non ha nulla a che vedere con te, lo fa solo perché è a traino di Idoli e non d’idee né tanto meno d’ideali. Alcuni dicono che gli ideali non esistono più e sbagliano. Di sani principi negli idoli autoreferenziali non ne troverai; quelli che si candidano cambiando partito a ogni elezione, barattano la tua storia, gli amici e i compagni per il gusto di essere da soli seduti su quelle poltrone. Gente senza storia ti ha divorata, scalfita, annichilita. Ti sei montata la testa con quel quaranta per cento e hai osato là, dove non dovevi andare, nella terra che non ti appartiene.
Noi oggi, ci sentiamo soli, disorientati, vediamo gli ultras abbozzare campagne elettorali, rispondere con urla e invettive contro chi ti è sempre stato accanto, per difendere l’Idolo di turno. Tutto viene fatto in funzione di un protagonismo autoreferenziale, vano, senza idee, senza progetto, mediocre nella forma e nel contenuto, humus per gli idoli e non per le idee sociali e culturali.
Forse per questo dobbiamo ricominciare a tessere insieme, questa volta forse avrai capito che non è andando con gli sconosciuti che si vince, ma restando con gli amici. Nessun traditore più dovrà tessere accanto a noi, dobbiamo avere il coraggio di tornare a pensare che solo con persone libere, con giovani talentuosi e non improvvisati, che si possa tornare a credere insieme in un futuro migliore.
Sai, qui in paese le cose vanno come nel resto d’Italia, fai parte della sinistra, ti addormenti in un modo e ti ritrovi con un “sinistro risveglio” e ti senti attaccato da chi di te, di me e dei tanti compagni non ne conosce né la storia né l’intelligenza politica.
Per questo dobbiamo evitare gli idoli, non ci interessano quelli che corrono da soli, che boicottano, che strappano, separano gli altri. Torniamo a essere compagni nel senso più pieno del termine, ma proiettati consapevolmente verso una nuova utopia.
La storia che è sempre maestra di vita, tornerà ad essere con noi più benevola, se saremo capaci di fare una profonda autocritica, se ci dimostreremo coraggiosi nel compiere scelte radicali, senza avere paura di chi urla e schiamazza politiche personali, e senza timori reverenziali.  Possiamo tornare a camminare in armonia senza continuare a preoccuparci di chi ha inteso, dopo averci attaccato con violenza, la nostra parte come un tram da prendere per fini propri.
Ti abbiamo cercata tanto, oggi c’è un popolo che aspetta, un futuro che attende, principi da rispolverare, idee da condividere, storie che vogliono emergere, intelligenze vivaci, uomini e donne di cultura pronti per cominciare a lottare. Perché possa giungere davvero il momento di Andare oltre.






mercoledì 24 gennaio 2018

La cenere che resta

È triste giocare a nascondino in questo mondo, quando ci si dovrebbe stringere gli uni con gli altri”.
Jean Cocteau
Anno nuovo, vita nuova e politica vecchia. Ancora una volta ci imbatteremo in nuove elezioni politiche e dire il vero, se i candidati nazionali continueranno a spararle cosi grosse, renderanno la vita ancora più difficile ai nostri politici locali. Senza infamia e senza lode, il circolo del Pd locale si è ripresentato in assemblea, dopo lunghi mesi di silenzio e senza fare un minimo di autocritica, è pronto a ripartire più vecchio di prima.  Senza prendere mai alcuna posizione si prepara a fare il pieno di voti pure di quelli che l’hanno tradito. Viaggiano sicuri i compagni! Le malelingue dicono fossero pochi, nessuno dice se anche buoni! Sul fronte del vincitore s’intravede qualche crepa. Una volta si diceva, “U Signiuri chiudi na porta e rapi un purtuni”, e, infatti, l’avanguardia è durata pochissimo; il portone del municipio è stato riaperto e forse la riapertura ci costerà anche cara. C’’è chi dici ca’ putiva arristari chiusi! Rumors vogliono tensioni tra i consiglieri, poca cosa rispetto a quello che passò Tummi. A proposito, Tummi si è riscoperto esporto e strenuo difensore dell’acqua….Lui…si proprio lui…incredibile non si finisce mai di imparare. Pochi altri i veri temi, quelli sono celati, nascosti, messi come la cenere sotto il tappeto. Una classe politica che non si pone in un atteggiamento critico principalmente nei propri confronti, sarà una compagine elettorale che non avrà alcuna attendibilità e che non saprà parlare ai cittadini, ma solo a personam. Le ultime elezioni rischiano di diventare il boomerang perenne di chi si rivela incapace di affrontare la questione. Il linguaggio è più brutale, i social la fanno da padrone, così attrae più parlare del terribile albero posto sulla fontana dei Cinquecento, anziché discutere del tremendo traffico nel centro storico. Ma perché non lo chiudono definitivamente? Ma interessa davvero a qualcuno la educazione civica e culturale? Di tante parole, di moltissime invettive, resta la cenere, resta l’incapacità di fare autocritica da parte di tutti, maggioranza, minoranza e anche di chi è rimasto fuori. Verranno altri tempi, verranno altre parole, verrà altro coraggio, c’è bisogno di cose nuove, nuove intelligenze che non siano autoreferenziali. Un infinito gioco a nascondino che fa crescere solo il livore per le cose non dette, per i chiarimenti non fatti. Per la strenua difesa di chi ha vinto, come se questo bastasse ad avere sempre ragione. Non va così, in questo modo non ci sarà crescita nel confronto, ma solo partigiane posizioni prive di critica e dense di ego. Non è lontana la politica locale da quella nazionale, alla ricerca della migliore posizione, e, infatti, è sempre un problema di posizionamento. Bisognerebbe che si facesse quella sana e salutare pulizia, che ci aveva detto di andare via, lo faccia veramente, che dia spazio ad altri.  Non importa quanto tempo ci vorrà, in politica bisogna avere pazienza, la cosa importante è tenere vivo l’obiettivo, aprire le finestre, accedere la luce e smetterla di giocare a nascondino.





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