lunedì 18 febbraio 2019

APPARTENERE


“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. Ma non è facile starci tranquillo.”
Cesare Pavese

C’è una strada che dal mare sale verso la collina. Piena di curve e immersa nel verde cammina dolcemente da secoli per giungere in un luogo dove il sole e il vento la fanno da padroni. E’ piacevole questo cammino, s’intravedono alberi di ulivo secolari, alcuni sostengono li abbiamo lasciati i Saraceni altri, i Greci. Quelli che cambiano colore più rapidamente passando da un verde delicato a uno smeraldo e via via sempre più intenso sono i frassini, padri della manna. Di questo luogo ci sono tracce anche nella Bibbia e forse anche per questo gli abitanti sono conosciuti come essere molto orgogliosi della loro terra. Qui il sole sembra non tramontare mai, la gente qui dorme poco. E’ un paese sempre sveglio, incontri gente e a tutte le ore. I “grandi” la fanno da padrone dentro la Margherita, i più giovani poco più in là nei locali a loro dedicati. Ognuno ha la sua zona, in linea con l’età, i gusti e il dolce far niente. La sera, in estate, si esce molto tardi, si consumano le ore stando seduti ai tavolini del bar o facendo mille passeggiate lungo tutto il corso. Sempre le stesse, l’itinerario non cambia. Stessi passi, stesse facce, stesse scene. Ci si guarda, ci si sorride, si ammicca anche. I due bar hanno clientela diversa. Da un lato i nuovi rampanti che amano la novità. Dall’altro i nostalgici, quelli che un tempo votavano comunista e che sperano ancora oggi nel ripristino della falce e del martello. Più giovani da un lato e più anziani dall'altro. Più abbronzati e freschi di doccia dopo il mare in uno, nell’altro cotti dal sole della campagna e dalle fatiche della giornata. C’è da camminare tanto in questo paese, il suo centro storico sembra non finire mai. A ogni strada grande ci sono ai lati tante piccole traverse che salgono e scendono come appunto si fa solo in collina. Ci si parla dai balconi, in estate per lo più quando il sole qui picchia forte. Ogni balcone ha la sua tenda, chi di un solo colore, chi in tinta con il prospetto della casa, chi a righe rigorosamente bianche e verdi. Le tende hanno molti usi. Riparano dal sole, dai curiosi, ma servono anche per lasciare le ante dei balconi aperte e ascoltare cosa accade per strada. Un paese ci vuole, bisogna sapere tornare. Torniamo ad avere cura della bellezza che ci circonda,  apriamo le tende,  lasciamo entrare la luce, contro la deriva festaiola vuota e ci sta travolgendo. Torniamo a camminare, insieme, nella nostra storia, per sentire intimamente la nostra appartenenza.

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giovedì 7 febbraio 2019

RESISTERE



“Così è diventato il nostro mondo: la pubblicità ha preso il posto della letteratura, gli slogan ci colpiscono ormai più della poesia e dei suoi versi. L’unico modo di resistere è ostinarsi a pensare con la propria testa e soprattutto a sentire col proprio cuore.” 
Tiziano Terzani
Sabato due febbraio davanti al municipio di Castelbuono, eravamo pochi, forse neanche trenta. Pochi a condividere un momento importante, aderire alla mobilitazione spontanea “L’Italia che resiste”. Eravamo poco sì. Qualcuno ha anche detto, senza neanche crederci tanto, “pochi ma buoni”. Non era una sagra, non c’era nulla da mangiare, c’era una linea che interessa tutti, anche quei mille che non c’erano. Qualcuno ha anche fatto molta ironia contro di noi. Menti che sanno solo di pochezza. Esserci e resistere appunto, contro la deriva autoritaria e lontana dall’umanità che sta prendendo la nostra sbandata Italia. Eravamo pochi ad ascoltare le parole di Don Milani, dell’Eneide di Virgilio. Pochi ad ascoltare la testimonianza della pasionaria dell’A.N.P.I. Eravamo pochi a pensare con la nostra testa, a uscire da casa a un’ora improponibile, per esserci e testimoniare. Abbiamo ascoltato le parole di chi quel viaggio tormentato l’ha fatto ed è tutto nei suoi occhi. Abbiamo lottano contro ciechi pensieri, contro menti avvolte nell’odio portando parole di coraggio e lealtà. Sì, perché ognuno ha i suoi diritti, le proprie fatiche, le tante stanchezze, ma questo non vuol dire chiudere gli occhi rispetto a chi ha bisogno. Eravamo pochi a difendere la dignità, la natura che ci vuole diversi solo esteticamente, ma uguali eticamente. Tornando a casa ci siamo chiesti, perché non c’erano quelli che organizzano e onorano la Giornata della memoria, dove erano finiti quelli che ricordano la Giornata contro la violenza sulle donne, tutti quelli che su Facebook aderiscono alla Giornata mondiale della gentilezza. Noi eravamo lì e avevamo bisogno di voi, del vostro conforto, delle vostre parole, anche dei vostri silenzi. C’è bisogno di testimoniare da che parte stare, accanto a chi vogliamo camminare. Oggi non abbiamo bisogno di tempo, dobbiamo imparare a parlare di frontiere e non più di confini. Abbiamo bisogno di rispetto e che esso diventi educazione permanente. Eravamo pochi, ma eravamo lì non con la resilienza, concetto che sottintende una certa sottomissione, no, noi eravamo lì come nuova resistenza civile. Qualcuno ha detto che siamo e possiamo essere lievito, ma per avere fortuna, quei mille che non c’erano, devono uscire dalle loro case, venire e ascoltare parole di dignità. Ognuno ha la sua parte in questa tremenda odissea contemporanea, c’è bisogno di persone amiche. Abbiamo bisogno di imparare l’amore e lo stare insieme. E come diceva Terzani, “ L’unico modo di resistere è ostinarsi a pensare con la propria testa e soprattutto a sentire col proprio cuore.”