Natale è una matita che fluttua
nell’aria per dare armonia. E’ una batteria color rame che segna il tempo a più
di duecento tra musicisti e cantanti. Tanti sono gli studenti dell’I. C.
Francesco Minà Palumbo che cantano e suonano augurandoci un sereno e felice
Natale. Canta e suona la scuola di Castelbuono, canta che a Natale si può fare,
che è arrivato il momento di fare quello che non sei riuscito a fare mai
secondo i principi della solidarietà e della partecipazione. Suona e canta la
speranza e l’irrequietezza degli anni dell’adolescenza. Anni cari a tutti noi
che sempre ricordiamo come i migliori della nostra vita. Canta e suona
aiutandoci a spezzare quell’aria di tristezza che ha avvolto Castelbuono negli
ultimi mesi. E’ stato un anno faticoso per molte ragioni, fatto di sacrifici e
assenze, ma la sera del concerto, finalmente quell’aria è stata lieve. Sono
giovanissimi, dicevamo, questi musicisti, questi cantori che coltivano nello
studio e nella passione la musica. Lo fanno e questo grazie alla lungimiranza
della nostra scuola, li farà crescere capaci di sapere ascoltare. La musica, in
fondo, è questo, sapere ascoltare, cogliere le sfumature delle innumerevoli
armonie, come dovrebbe essere un po’ la vita. Sono menti giovani che assorbono
i guizzi del jazz, le sonate classiche e le canzoni più giovanili e
orecchiabili. Sono irrequieti, lo dicevamo, si fanno richiamare e anche
rimproverare e perdono tempo, presi come sono dalla voglia di essere e sentirsi
protagonisti, anche noi abbiamo provato queste sensazioni alla loro età. Quando
però, il maestro auspica il silenzio e comincia a fare fluttuare la sua matita,
sono presto pronti, disciplinati, ognuno corre al suo posto. Sono armoniosi,
come la migliore melodia. Allora da quel momento si apre un mondo bello e
felice; si odono campanelli allegri, il coro intona la canzone di Natale, gli
occhi si commuovono, lo confessiamo, non solo quelli dei tanti genitori, nonni
e zii presenti, ma proprio i loro piccoli ma grandi protagonisti capaci di
emozionare. Bianca l’orchestra, rosso il coro, canta e suona la scuola
descrivendoci l’anima di colore blu, battono le mani, si alzano in piedi,
spavaldi e pieni hanno gli occhi di speranza. E allora, a Natale puoi tornare a
giocare e a dire quello che non riesci a dire mai, che è bello stare insieme e
tornare a sognare. Che ogni cosa può crescere, che si ha voglia di gridare e
correre verso luoghi migliori e persone che ci accolgono senza reticenze.
Fidarsi, amare e avere coraggio, sono semplici principi, che solo l’età rende
più pesanti e difficili da realizzare, ma non per questi giovani studenti
dell’I.C. di Castelbuono che ormai sono un punto di riferimento per chi, come
noi, ha fiducia che la scuola, le famiglie e gli altri attori che si occupano della
crescita culturale di questi ragazzi, siano capaci di non disperdere questi valori importanti. A questa scuola che suona e canta, ai docenti dello
strumento musicale, alle maestre della scuola primaria di secondo grado, e a
tutti gli operatori scolastici, in primis alla Dirigente orgogliosa di tutti,
noi diciamo grazie e auguriamo loro buon Natale.
giovedì 22 dicembre 2016
lunedì 19 dicembre 2016
Il valore delle cose
“E come possiamo intenderci se
nelle parole che io dico metto il senso e il valore delle cose che sono dentro
me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente, le assume col senso e il valore che
hanno per sé nel mondo che egli ha dentro?”
Luigi Pirandello
E’ trascorso un altro anno,
abbiamo cercato di raccontarlo, di essere attenti ai percorsi, alle persone,
alle parole e ai gesti. Abbiamo avuto la presunzione di ritagliarci un ruolo,
anche scomodo, per dire la nostra, per svolgere, come crediamo di sapere fare,
il nostro ruolo civico. Abbiamo avuto la fortuna di essere letti e seguiti, da
detrattori e non e di questo siamo grati a tutti. L’anno è stato lungo e
tormentato, abbiamo conosciuto amici e perso nemici, abbiamo inseguito la
trasparenza e ci siamo ritrovati muri invalicabili. Abbiamo cercato di essere
presenti, con l’ironia, con la tempestività, con la rabbia e l’orgoglio di chi
pensa che valga la pena scrivere per questo paese. Tante parole e più loro
crescono più cresce la voglia di starci dentro quelle parole, di sceglierle
bene, una a una, per ricamare la tela culturale e civica di questo paese. Ci
siamo occupati del passato, del presente, adesso vogliamo occuparci del futuro.
E abbiamo pensato, come fanno i bambini quando scrivono la lettera a Babbo
Natale, di scrivere anche noi il regalo che ci aspettiamo. Cari lettori,
conoscete la tecnica del kintsugi? Viene dall’Oriente, da molto lontano, da una
cultura molto diversa dalla nostra, che distrugge e non conserva, abituata a
gettare e non costruire. Il kintsugi insegna a non buttar via i pezzi di
ceramica rotti, ma a ripararne le crepe con oro e argento. Il kintsugi è l’arte
di valorizzare ogni piccolo fallimento, di riprendere e rimettere insieme con
valore, (ecco l’oro e l’argento), i pezzi caduti. Ci vuole tempo, pazienza e
costanza per rimettere i pezzi al loro posto e una volta sistemati, l’oggetto
sarà ancora più prezioso. Ogni fallimento dunque se valorizzato, può rivelarsi
come la cosa più bella e preziosa che abbiamo. Questo è quello che vorremmo
come regalo, un candidato sindaco che sappia essere capace di ricucire i pezzi
dispersi, che con autorevolezza metta fine alle beghe personali e che sia
capace di una dialettica alta. Che parli di politica e che valorizzi la critica
facendone arte proficua, che sappia ascoltare e non attaccare. Abbiamo bisogno
di una personalità trasversale che unisca i cittadini attorno ad un progetto
comune, capace di farci uscire tutti, dalle case così come dalla mediocrità cui
ci ha relegati la politica tutta. Non sogni, ma progetti reali, non chimere,
non scuse e piagnistei del “soldi non ce ne sono”, non mercificazione delle
intelligenze e valorizzazione delle clientele. Per fare questo, c’è bisogno di
una classe dirigente che capisca che non può vincere difendendo il passato e
criticando il presente, ma di una che sappia comprendere che solo demolendo il
presente si può costruire il futuro. Bisogna uscire dalla mentalità provinciale
di quelle figure che escono solo durante le elezioni, presenti in tutti gli
schieramenti. Bisogna guardare oltre, dire -grazie, ma facciamo da noi-. La
dialettica politica a Castelbuono è divenuta una Babele, anche all’interno
degli stessi partiti chi non la pensa nello stesso modo ed ha il coraggio di
dirlo, è subito attaccato personalmente e messo alla berlina. Pochezze di
uomini senza argomenti e politici improvvisati. Non capiscono, loro signori, che
quest’atteggiamento, metterà alla berlina proprio loro, allontanandoli dai
cittadini e dal buon senso comune. Non servono più strategie e tatticismi,
serve qualcuno che attui quella rivoluzione culturale di cui tante volte
abbiamo scritto. Volare alto, avere idee, sapere mettere e diffondere
entusiasmo, non rancore, non lotte individuali ma capacità di trascinare un forte
movimento di opinione. Serve una personalità che abbia una grande capacità di
ascolto lontana da chi, oggi, si gira lo sguardo altrove pur di non dare
risposte. E allora si sarà bellissimo correre insieme verso un senso diverso
delle cose, verso la valorizzazione delle nostre istituzioni, verso quei luoghi
che dovrebbero appartenere a tutti ma, che sono finiti con l’essere poltrone e
basta. Siamo convinti che sia la persona a fare il ruolo e non viceversa e per
questo crediamo che solo rompendo gli schemi, possa nascere una nuova fase. Tornare
dunque a dare valore alle cose e alle persone, a quello che dicono, che pensano
e che vogliono fare. La vera lezione che questa classe dirigente deve capire,
prima che sia troppo tardi, è che c’è bisogno di tutti, dei vecchi e dei
giovani, e non solo di essa.
lunedì 21 novembre 2016
Gli scomparsi
“Bisogna vedere quel che non si è visto,
vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si era visto in estate, vedere di
giorno quel che si era visto di notte.”
J.Saramago.
Come chiusi dentro un Grande Fratello di letteraria memoria,
la nostra attenzione è pilotata dalla comunicazione politica solo su alcuni
temi. Castelbuono è nello stesso tempo, il paese della musica, del pane, del
fungo, della natura, dei dolci, dei fiori, del teatro. Siamo talmente tante cose da non essere più nulla
e questo nulla diviene esso stesso evento. Tutto è EVENTO da cavalcare e
propagandare diventando il cavallo di battaglia di un’Amministrazione senza
idee e senza obiettivi. Appropriarsi dei successi e delle capacità delle associazioni
che organizzano a vario titolo le manifestazioni, significa vantarsi del nulla.
Bisognerebbe ringraziare e non vantarsi. Chi non ha idee, non plaude mai a chi
le ha, ma le nasconde cercando di farle proprie al momento opportuno. E contro
questo tipo di comunicazione grandiosa che vuole nascondere il resto, noi, al
contrario, proprio del resto vogliamo parlare. Così come un locale “Chi l’ha
visto?”, vogliamo sapere che fine hanno fatto al Museo Civico, il Premio Tesi e
il Premio Castelbuono Architettura che non sono banditi da due anni? Legati al
Premio Architettura che fine hanno fatto i restauri da realizzare con i fondi
di accantonamento del Museo Civico? Progetti di restauro già pervenuti al
Museo, relativi a Fontana Venere Ciprea, Portone della Sala del Principe,
Fontana di San Paolo e uno dei due altari laterali della Matrice Nuova. Perché non
si è più fatto il restauro già finanziato del pavimento d’ingresso del
Castello? A che punto è il progetto di
restauro della Cappella Palatina, annunciato in consiglio comunale dagli
amministratori del Museo? Nessuno che abbia ricordato culturalmente e
storicamente la nascita del Castello avvenuta esattamente settecento anni fa.
Ma qui una ragione forse c’è, e forse è legata al fallimento del Cinquantesimo
anniversario della nascita del Museo Civico. Ma andiamo avanti. Sono o no
arrivati i fondi di rendicontazione regionali al Museo naturalistico? Esiste
ancora il Centro studi Marco e Rosa Speciale? Cosa realmente si consuma dentro
Casa Speciale? Qualcuno ha notizia del Tavolo tecnico delle Istituzioni
culturali, o della Commissione sul lascito Paolo Cicero, che di “speciale” ha
solo il fatto di essere nata con il botto ed essere finita nel silenzio più
totale? Il Consorzio universitario che “gestiva” in parte Palazzo Failla, che
progetti ha per Castelbuono? E Palazzo Failla, qualcuno se ne ricorda o ormai è
divenuta anch’esso sala banchetti privati e basta? Chissà come è ridotto il
giardino dei Ventimiglia che si trova al suo interno. Il piano traffico, il mercato del contadino? Di
Centropolis ci occuperemo con una riflessione ad hoc perché lo merita. Sono
solo alcuni esempi che abbiamo voluto ricordare, ai quali non sappiamo se ci
saranno delle spiegazioni, come su altri temi e altri interrogativi la politica
da ambo le parti tace. Tace l’Amministrazione intenta solo a rifarsi il look in
vista del passaggio elettorale e tace l’opposizione, in linea su come ha agito.
Nessuno si rende conto di quanta identità stia perdendo Castelbuono, siamo
tutto e siamo niente, siamo proiettati verso un’idea di paese turistico data
per realizzata, ma che manca di tutto. E a quelli che dicono che in passato si
è scommesso sulla cultura, ricordiamo che si in parte è vero, ma che se ancora
dopo più di venti anni ancora parliamo di come ricostruire il Teatro Le
Fontanelle, di come sarebbe necessaria una Fondazione culturale che gestisca il
patrimonio storico e artistico, evidentemente qualcosa non ha funzionato. Per
scrivere una nuova storia, bisogna fare chiarezza, fare quella sana autocritica
che nella politica è mancata, per cui la colpa non è mai di nessuno. Il nuovo
ha bisogno del vecchio solo per evolversi; è il nuovo che deve scrivere il
futuro non il vecchio che appartiene al passato. Come un film, bisogna tornare
a guardare e riguardare la storia degli ultimi venti anni, sequenza dopo sequenza, analizzare,
segnare, per comprendere e non solo capire, come e perché le nostre Istituzioni
culturali oggi navigano a vista, senza un progetto coeso e senza tenere conto
né dei fini istituzionali, né dei bisogni dei cittadini. Fintanto che esse, si
rivolgeranno solo al probabile turista, dimenticandosi dei castelbuonesi non ci
sarà mai una crescita culturale. Occorre
tornare a guardare, dunque, e ricreare quel mondo di cose
perdute dietro un’improvvisata politica che distrugge e non costruisce. Dovremmo tutti ricordare che l’idealismo non è
difendere le nostre idee quando non costa niente. Ma è quando costa che vale la
pena praticarlo.
N.B: apprendiamo con favore che, nei giorni in cui l’articolo
andava in stampa, finalmente è stato bandito il Premio Tesi del Museo Civico.
martedì 18 ottobre 2016
Il dormiente…sornione.
“Lascia dormire il futuro come merita: se lo svegli prima del
tempo, otterrai un presente assonnato”.
F.Kafka
In Oriente il culto della Dormiente si tramanda dalla notte
dei tempi. In Occidente, lo stesso culto è dedicato all’Assunta che festeggiamo
il 15 agosto. Perché la Dormiente? Lei, Maria, raccontano i venti orientali, si
addormenta e in questa veglia perpetua raggiunge poi il suo amato figlio. Oriente
e Occidente, vento e memoria…Già la memoria! Se riportata alla nostra storia,
alla castelbuonesità, ci ricorda fatti che oggi sembrano ripetersi, come un
mantra. Andiamo per ordine. Anche noi nella nostra comunità, venerato come i
santi, abbiamo il Nostro Dormiente
sornione. Un “Fenomeno” paesano che ha tentato più volte di farsi onorare
altrove, anche lui, è oggetto di culto con un preciso rituale. Dorme come
faceva dieci anni fa. E’ abile, un bravo imbonitore, lui ha un sogno: governare
per altri 20 anni, 100, 1000… soltanto Lui, però,… coltiva questo sogno! E già,
se è un fenomeno in tutto, non lo è nel gioco di squadra, Lui le squadre le smonta,
come un “nostrano” ed esperto D’Alema. E’ bravissimo a fare fuori i “compagni”,
solo quelli però, gli altri, gli avversari gli servono come alibi o alleati di temporaneo sostegno. Meno abili di lui, capaci
solo di propaganda e populismo, lo fanno rimpiangere, lui questo lo sa, e dorme,
dunque, sornione, assistendo alla
decadenza, cui tacitamente contribuisce. Non fiata, non accompagna neanche le
orazioni dei suoi in consiglio comunale se non con qualche inutile scaramuccia
con il Nostro “primo cittadino”. E’ ambizioso e per questo deve primeggiare
sempre, evita le voci critiche, lui è amico di tutti ed è capace di liquidare
anche i partiti. Ci riuscì dieci anni fa con lo storico Movimento democratico
per Castelbuono, artefice della svolta e della rinascita, oggi con il Partito
Democratico, messo ormai in liquidazione o in amministrazione controllata. Non
avendone uno lui, iI partito se lo crea. E’ abile, è solito ripetere che si circonda di “uomini e donne che amano il
proprio paese”. Ed è così, lo amano devoti e mai si sognerebbero di
criticarlo, di osteggiarlo; e Lui emerge come un pino, alcuni dicono, “sotto il quale
nulla cresce”. Infatti, nei suoi lunghi anni di militanza e governo della politica,
non ha mai contribuito a fare crescere una nuova classe dirigente.
Semplicemente non gli serviva. Il “dopo di me nessuno mai”, è la sua filosofia.
Dorme, ancora non parla, ogni tanto scrive, ma si sta appartato, aspetta
sornione il momento in cui gli altri, incapaci o forse desiderosi solo del salvatore, gli chiederanno per cortesia
di rimettersi in gioco. Vive e si alimenta delle incapacità altrui. E così, come
una cortese e “sacrificale” scelta, accetterà di “candidarsi” - pro domo sua e non nostra. Più silenzio c’è, più errori commetteranno gli altri, più
facile sarà per lui comiziare e sorridere ai cittadini. “Il mondo ci guarda”,
diceva e ripete ancora; peccato che non riesce a fare il salto di qualità
invertendo il ragionamento. Dovremmo essere noi a guadare il mondo e prendere
quello che di buono accade, se vogliamo veramente crescere. Non cambia il suo
pensiero, perché chi guarda “oltre”, dovrebbe essere capace di confrontarsi,
chi, al contrario, si fa guadare è autoreferenziale. Peccato che al culto del
Dormiente, si stiano dedicando ancora in tanti, rei di lasciare per strada
altre opportunità di crescita sociale e
politica. Peccato, ancora una volta, che uno slogan diventi solo il nome di un
movimento politico e non una filosofia. Svegliarsi da quel sogno significa non
voltare pagina, ma cambiare libro. Siamo certi che qualcuno sta già
raccogliendo appunti, riflessioni e argomenti per iniziare a scrivere un
racconto davvero nuovo sulla nostra Comunità.
martedì 20 settembre 2016
La meglio gioventù
“Cosa diavolo ha la mia
generazione? Perché siamo così lenti a crescere? Sembra che la nostra infanzia
tenda a prolungarsi fino a venticinque anni. A quaranta siamo ancora degli
adolescenti”.
Jonathan Coe
Jonathan Coe
Estate piena, estate ricca di eventi importanti e in parte, speciali. Il
nostro paese dimostra ancora una volta capacità e qualità degne di nota.
Concerti, teatro, letture, enogastronomia non è mancato nulla, tutto il
pubblico è stato accontentato. Capacità che hanno messo in evidenza la
diversificazione di talenti presente a Castelbuono e di cui ci si può davvero
vantare con consapevolezza e ammirazione. Uno dopo l’altro, nelle piazze, nei
luoghi storici, siamo stati rallegrati e “riempiti” da volti, storie, note e
risate degne di una grande città. Un plauso va a quanti si sono adoperati per
la realizzazione di tutti questi eventi. Tutte queste associazioni, hanno dimostrato che si può fare anche, a
svantaggio di quella politica che continua a dirci che soldi non ce ne sono, un
calendario ricco di nota, basta avere progettualità, passione, competenza e
idee. Politica, come diciamo sempre, senza idee e senza cultura che si culla
del saper fare degli altri. Ma la nostra
generazione, la più istruita a cui non manca la capacità di inventare
l’impossibile e farlo diventare possibile, resta distante dalla politica, dal
Bene comune. Quasi indifferente, resta sui propri passi, senza curiosità si
muove nella vita civica. Le capacità che esprime sono quasi sempre individuali,
non si è capaci a fare squadra e quindi proporre, tutti insieme, un’alternativa
valida per il nostro paese. La nostra generazione si divide drammaticamente,
tra quelli che non hanno interesse alcuno per i fatti della politica, quelli
che fanno da gregari a leader sempre eterni e quelli che sperano sempre, con
forza e determinazione che qualcosa di buono si possa fare. Giovani coccolati
da leader autoreferenziali che hanno insegnato ad alcuni a rinunciare alla
morale in cambio di qualche ruolo più o
meno importante; quelli che si definiscono apolitici e poi, come si dice, alla
prima occasione, abbozzano. Quelli che, pur avendo lo spirito e la voglia sana
di faticare per questo paese, da quegli stessi leader sono sempre stati messi
ai margini, forse perché non manovrabili, più intraprendenti e capaci di totale
abnegazione e spirito civico.
Così, come
l’estate, ricca di eventi diversi e diversificati, anche la nostra generazione
si avvia ad essere un insieme di monadi che tra loro non comunicano. Distanti
perché attratti da cose differenti; chi vira verso il Bene comune chi verso
quello personale. Quelli che prima erano integerrimi, oggi chiudono gli occhi,
si girano dall’altra parte. Prese di posizione personali e non generali che
deturpano la dialettica politica svilendone il significato. A noi sono stati
impartiti insegnamenti molto validi, tradizioni e storia che sono stati
custoditi e valorizzati. Istituzioni che ci hanno fatto crescere. Musei,
biblioteche, luoghi adibiti a teatri, e chitarre che hanno suonato nelle notti
estive senza fermarsi mai.
Cosa
lasceremo noi? Di cosa saremo capaci se non riusciamo a stare insieme, a
trovare un modo per comunicare cosa vogliamo diventi Castelbuono? Perché
aspettiamo ancora che ci sia qualcuno che ci dica come si fa? Non siamo forse
capaci di uscire fuori da quella “eterna gioventù” cui, in parte, la storia ci
ha relegati?
sabato 17 settembre 2016
FuoriRoma e Dentrol’Italia…lettera aperta a Concita De Gregorio
Cara Concita, ti seguo da anni,
precisamente dalle Olimpiadi greche. Quel tuo articolo sulla chiusura dei
giochi olimpici di Atene mi è entrato nella mente: “ Guardaci mondo, siamo
la Grecia…”. Di tempo ne è passato La Repubblica, i libri, i fatti di Genova, e
Licio Gelli, l’Unità, Pane quotidiano e adesso sei tornata con FuoriRoma. E’
bello, ogni sera, ascoltare le storie e vedere com’è fatta l’Italia. Ci fai entrare
nelle piccole città lontane da Roma, per cultura e quotidiano.
Lontane, forse, anche da quella cialtroneria che siamo abituati a vedere in Tv.
Ci racconti i sapori di quelle città, ci ricordi che la destra, la sinistra, il
populismo siamo noi, non Renzi, D’Alema, Berlusconi, Grillo e compagnia bella.
La politica è quello che noi siamo ogni giorno, passione, dedizione, scontro,
lungimiranza, populismo. La politica è bella se è orientata ai bisogni di tutti
e non di alcuni. In provincia è più bella, nelle nostre piccole città, nei
mille paesi della nostra Italia, ci sono ancora persone appassionate che credono
che destra e sinistra siano ancora cose differenti, nei valori, nel pensiero,
forse anche geneticamente. Tu, ci racconti queste storie, ed è questa la novità
assoluta nel palinsesto televisivo, con pacatezza. Nessuno urla, tu stai lì
seduta e ascolti, fai domande e ascolti E, come per magia, anche noi ascoltiamo
e non abbassiamo più il volume della TV. Semplicemente non c’è bisogno di
farlo. Ci sono le immagini bellissime che ci fanno vedere con occhio attento e
non di propaganda quanto è davvero bella l’Italia, come siamo ricchi di storia,
arte e cultura e che se la politica non entra in queste categorie è perduta e
noi insieme con lei. Amministratori capaci e meno si avvicendano con voci di
personaggi noti del luogo. Ognuno dice la sua, ognuno dimostra un forte
campanilismo…siamo o no il paese dei mille campanili?
Bella la politica, quella scevra
da individualismo, quella lontana dai riflettori che opera perché l’elettore è
vicino, non distante dietro uno schermo. Nei piccoli centri bisogna rendere
conto di quello che si è fatto da amministratori. Anche passeggiare per strada,
può diventare un’operazione difficile se non si è amministrato bene. E allora
Lecce sempre di destra con un sindaco capace di dialogare. E Carbonia con le
sue miniere che sono il passato e i nuraghi e il mare che sono il presente e
forse il futuro. Poi Pesaro e la sua bicipolitana lunga, lunghissima sembra non
finire mai. Poi il mare, sempre presente in tutte queste città quel mare che
serve da attrazione per la natura meravigliosa che sa essere e non discarica. Viene
voglia di visitarle queste città, di passeggiare per le loro strade. Viene voglia
di conoscerle con quella curiosità sana che è del viaggiatore e non del turista.
Volti, sguardi, battaglie di ogni giorno che si riversano nella vita di ogni
cittadino. Sembrano, però distanti la finanza e Roma ladrona, e le urla di
Grillo e il benessere del renziano PD e il razzismo della Lega. Sembra lontana
la Merkel, e manco a dirlo l’Europa. Ci sono persone vere con problemi e soluzioni
reali. Bel viaggio, ricco e interessante come il tuo taccuino, sempre diverso a
ogni puntata. Abbiamo bisogno che qualcuno, senza pregiudizi racconti di noi,
delle nostre piccole realtà spesso dimenticate dalla dialettica politica
nazionale. Abbiamo bisogno, per trovare soluzioni di quella pacatezza con la
quale ci accompagni in giro per l’Italia. Perché forse, FuoriRoma è essere
Dentrol’Italia.
FuoriRoma e Dentrol’Italia…lettera aperta a Concita De Gregorio
Cara Concita, ti seguo da anni,
precisamente dalle Olimpiade greche. Quel tuo articolo sulla chiusura dei
giochi olimpici di Atene non mi è entrato nella mente: “ Guardaci mondo, siamo
la Grecia…”. Di tempo ne è passato La Repubblica, i libri, I fatti di Genova, e
Licio Gelli, l’Unità, Pane quotidiano e adesso sei tornata con FuoriRoma. E’
bello, ogni sera, ascoltare le storie e vedere com’è fatta l’Italia. Ci fai entrare
nelle piccole città dell’Italia, lontane da Roma, per cultura e quotidiano.
Lontane, forse, anche da quella cialtroneria che siamo abituati a vedere in Tv.
Ci racconti i sapori di quelle città, ci ricordi che la destra, la sinistra, il
populismo siamo noi, non Renzi, D’Alema, Berlusconi, Grillo e compagnia bella.
La politica è quello che noi siamo ogni giorno, passione, dedizione, scontro,
lungimiranza, populismo. La politica è bella se è orientata ai bisogni di tutti
e non di alcuni. In provincia è più bella, nelle nostre piccole città, nei
mille paesi della nostra Italia, ci sono ancora persone appassionate che credono
che destra e sinistra siano ancora cose differenti, nei valori, nel pensiero,
forse anche geneticamente. Tu, ci racconti queste storie, ed è questa la novità
assoluta nel palinsesto televisivo, con pacatezza. Nessuno urla, tu stai lì
seduta e ascolti, fai domande e ascolti E, come per magia, anche noi ascoltiamo
e non abbassiamo più il volume della TV. Semplicemente non c’è bisogno di
farlo. Ci sono le immagini bellissime che ci fanno vedere con occhio attento e
non di propaganda quanto è davvero bella l’Italia, come siamo ricchi di storia,
arte e cultura e che se la politica non entra in queste categorie è perduta e
noi insieme con lei. Amministratori capaci e meno si avvicendano con voci di
personaggi noti del luogo. Ognuno dice la sua, ognuno dimostra un forte
campanilismo…siamo o no il paese dei mille campanili?
Bella la politica, quella scevra
da individualismo, quella lontana dai riflettori che opera perché l’elettore è
vicino, non distante dietro uno schermo. Nei piccoli centri bisogna rendere
conto di quello che si è fatto da amministratori. Anche passeggiare per strada,
può diventare un’operazione difficile se non si è amministrato bene. E allora
Lecce sempre di destra con un sindaco capace di dialogare. E Carbonia con le
sue miniere che sono il passato e i nuraghi e il mare che sono il presente e
forse il futuro. Poi Pesaro e la sua bicipolitana lunga, lunghissima sembra non
finire mai. Poi il mare, sempre presente in tutte queste città quel mare che
serve da attrazione per la natura meravigliosa che sa essere e non discarica. Viene
voglia di visitarle queste città, di passeggiare per le loro strade. Viene voglia
di conoscerle con quella curiosità sana che è del viaggiatore e non del turista.
Volti, sguardi, battaglie di ogni giorno che si riversano nella vita di ogni
cittadino. Sembrano, però distanti la finanzia, e Roma ladrona, e le urla di
Grillo e il benessere del renziano PD e il razzismo della Lega. Sembra lontana
la Merkel, e manco a dirlo l’Europa. Ci sono persone vere con problemi e soluzioni
reali. Bel viaggio, ricco e interessante come il tuo taccuino, sempre diverso a
ogni puntata. Abbiamo bisogno che qualcuno, senza pregiudizi, racconti di noi,
delle nostre piccole realtà spesso dimenticate dalla dialettica politica
nazionale. Abbiamo bisogno, per trovare soluzioni di quella pacatezza con la
quale ci accompagni in giro per l’Italia. Perché forse, FuoriRoma è, essere
Dentrol’Italia.
mercoledì 20 luglio 2016
Chi tace acconsente
“La notte in cui tutte le vacche
sono nere”
G.W Hegel
Abbiamo atteso tanto, troppo
forse per capire cosa stia succedendo nella politica castelbuonese. L’attesa,
si sa, per noi impazienti, è una vera tortura. A ben vedere, però, i risultati ci sono e, a
meno di non sbagliarsi, sono anche eloquenti. Abbiamo osservato, letto,
partecipato ad assemblee pubbliche e scritto, ma nulla, non succede nulla. Certo
c’è la” necessità” del posizionamento di tanti gruppi che si fanno notare in
vista delle prossime elezioni.
Democrazia, bene comune, partecipazione, cittadinanza, attenzione verso il
prossimo, il “nuovo che avanza”, riciclati che sempre attendono il momento
opportuno per farsi vivi. In questo marasma mancano i temi, quelli giornalieri.
Sono scomparsi dalla vita pubblica e dalla politica le questioni importanti di
Castelbuono. Volete qualche esempio? Non si parla più della circonvallazione,
della zona artigianale, del traffico e dei rifiuti. Partirà o no il nuovo piano
dei rifiuti? Scomparsi i temi che riguardano le istituzioni culturali. Il
complesso monumentale di San Francesco ormai ad uso di banchetti e feste
private, senza che ci sia un regolamento. A proposito che fine ha fatto il
trasferimento del Museo naturalistico Francesco Minà Palumbo? Silenzio tombale
sul Teatro Le Fontanelle. Scomparsa anche la Commissione consiliare sul
patrimonio Paolo Cicero che entro un anno dal suo insediamento avrebbe dovuto
darci lumi sulla annosa questione. Eppure è passato abbondantemente l’anno e
nulla. Silenzio. Ancora, comunicati di
un’importante istituzione culturale del nostro paese ci invitano ad assistere
ad un concerto. Lo stesso, si legge, è a pagamento, basta comprare un biglietto
da un euro e ci si può godere la musica. Giusto, va bene contribuire, ma la
stessa istituzione culturale, verso la quale nel passato l’opposizione era
dedita a critiche pretestuose, si sta ponendo la domanda se è stata fatta una
variazione di bilancio che giustifichi, con un capitolo apposito, l’entrata di
queste somme? Chiediamo loro: sono o no soldi
pubblici ? A ben pensare ciò che è veramente scomparso è il ruolo dell’opposizione,
tutto ormai può succedere senza colpo ferire, perché l’opposizione tace. E
perché tace? Forse si sta organizzando per urlare tre mesi prima delle elezioni
questi temi spinosi, dal palco dei comizi? Roba da vecchia politica, scene
viste e riviste che non fanno bene al paese. Nessuno di loro spiega ai
cittadini cosa stia accadendo, nessuno si prende la briga di andarli a cercare.
A cosa serve il consiglio comunale? A cosa servono i gruppi consiliari che
tempo orsono si sono staccati in forte polemica dall’attuale amministrazione?
Cosa hanno fatto di diverso? Che Castelbuono pensano di raccontare alle
prossime elezioni, se già oggi tacciono? In cosa hanno segnato la differenza?
Nessuno di loro ha capito che la politica serve a creare senso da cui poi, solo
dopo, viene il consenso. E’ così aveva ragione Hegel. Anche la politica a Castelbuono è come una notte,
molto lunga, in cui tutte le “vacche” sono nere.
martedì 21 giugno 2016
L’interrogazione popolare
Alexander
Dubcek
E’ Giugno ed è tempo di esami. Ogni anno questo è il periodo in cui i
nostri ragazzi sono esaminati per il lavoro che hanno svolto con i loro insegnanti.
I professori hanno presentato un programma, l’hanno svolto e gli studenti l’hanno
studiato. I più bravi saranno promossi e potranno continuare il loro percorso
di studi. Ci piace pensare che anche la politica possa andare alla prova degli
esami. Essa ha presentato un programma sulla base del quale è stata eletta a
governare. Sono passati degli anni, sarebbe opportuno che si facesse il
Bilancio sociale di cosa è stato fatto e di quello che si è perso per strada. Non
un elenco ma cose vere, concrete per comunicare ai cittadini la verità. Oggi,
invece, continuano a dirci che soldi non ce ne sono, vero anche questo, negli
ultimi dieci-quindici anni, diciotto miliardi di tagli agli Enti locali (Fonte
Anci) non sono bruscolini, però, alzano le tasse, fanno gli eventi, si continua
a spendere. La domanda è: si fa in base al programma, o com’è percepito, lo
stesso è messo di lato il giorno dopo le elezioni? Anche l’opposizione dovrebbe
esporre in modo trasparente il percorso che ha fin qui fatto. Non servono al
momento comizi, non servono dibattiti nelle pubbliche piazze. Quello della
politica si è ridotto a invettive personali e polemiche inutili. La politica
che non sa rispondere si ciba di questo corto circuito. Cambia argomento,
indirizza l’attenzione su altro, non sul suo lavoro. Per questo è sempre colpa
di qualcun altro se le cose non si sono fatte. Non siamo stupidi. C’è bisogno
di capire, è la politica che ha a cuore il Bene Comune e il rispetto delle Istituzioni
che deve dettare i temi e dare le risposte. Solo se lo fa, il cittadino sarà in
grado di fare le sue valutazioni, chiedere nello specifico se è solo questione
di soldi o di volontà e programmazione. Sarebbe bella una democrazia
partecipata, sarebbe bello un confronto come fanno le democrazie anglosassoni.
E allora, fatevi avanti diteci quello che avete fatto fin qui. Noi staremo
attenti, faremo la parte dei curiosi che vogliono sapere. Vi faremo tante
domande, non vi faremo sconti. Anche i più distratti, se la politica li va a
prendere uno a uno a casa non potranno fare finta di nulla. E’ l’interrogazione
popolare, la via della trasparenza. Non andate alle elezioni sordi e tronfi,
avete molto da fare. C’è un tessuto sociale distaccato dalla Cosa pubblica che
va ricreato. Lo dimostrano le piazze deserte e la lontananza dei cittadini da
quello che dite ogni volta. Sempre le stesse cose, sempre i soliti scarica
barile. Oh, lo sappiamo, anche noi avremmo dovuto fare di più, avremmo dovuto
essere più attenti, seguire i consigli comunali, leggere i documenti all’Albo
pretorio. Siete proprio sicuri che non lo abbiamo fatto? La politica che si
sottrae al confronto, non è sicura di se, fugge, si nasconde, fa si che si crei
quella cappa per cui, è meglio non esporsi. Non ci piace questo clima, siamo
per la partecipazione consapevole. Adesso, finite di fare i compiti, studiate
bene, perché il tempo degli esami sta per arrivare.
mercoledì 8 giugno 2016
Lettera aperta a Matteo Renzi
Matteo, vieni qua siediti, lascia
stare la frenesia di andare in continuazione ovunque. Vedi oggi c’è il sole,
qui da noi al sud, il cielo è azzurro e limpido. Fermati, mettiti accanto a me
e chiacchieriamo un po’. Sai io è da qualche tempo che vorrei dirti due cose.
Ti aspettavamo sai, io e altri tantissimi compagni, si è vero, ti aspettavamo
da molto tempo. Abbiamo sempre avuto le nostre idee, i nostri amati e
struggenti ideali, ma non sapevamo a chi darli. Li abbiamo tenuti gelosi
insiemi alla nostra storia. Abbiamo vagato, un po’ come gli ebrei nel deserto
fecero secoli e secoli fa. Noi di deserti ne abbiamo passati tanti! Ogni
elezione una sofferenza immensa. Ogni sconfitta una fitta al cuore. Ogni volta
abbiamo sperato che fosse la volta buona. Quando lo fu con l’Ulivo, ci pensò un
compagno vestito con maglione di cachemire a buttarci giù a non avere rispetto
del nostro popolo. Finì lì il sogno, dopo tante battaglie durò poco. Poi il
nulla, vedevamo i nostri leader cadere a uno a uno per colpa della violenza e
del populismo di una destra accanita a risolvere solo i suoi Problemi e i suoi
interessi. Te le ricordi le leggi ad personam? Il mai votato conflitto di
interessi…? E poi gli scandali, le olgettine, e la Merkel, e siamo vicini alla
Grecia…il tempo passava e noi aspettavamo. Alcuni sono andati via e, però
nessuno se n’è accorto. Poi sei arrivato tu, un tuono che voleva rottamare
tutto e tutti. Ci siamo detti, noi le idee le abbiamo, il popolo c’è, gli
ideali sono intramontabili…ecco finalmente abbiamo un leader, uno che non ha
paura di niente, uno che ci farà valere. Eravamo pronti, ti abbiamo dato
fiducia. Poi il partito, poi il governo…noi ci siamo stati. Te le ricordi le
elezioni europee? Un sussulto di orgoglio. Abbiamo asfaltato tutti. Noi che
siamo stati accuditi e liberati da Berlinguer. Si quell’uomo esile che andò in
Russia e lì disse: i comunisti italiani non c’entrano nulla con il vostro
comunismo, noi guardiamo alle democrazie occidentali. Che uomo Enrico, uno che
in tempi non sospetti ci insegnò che un partito deve porselo il problema della
questione morale. Da qualche tempo non avevamo un leader e per questo ti
abbiamo creduto. Adesso siamo al giro di boa, ti stai lasciando andare, stai
perdendo lo smalto. Lo capisco governare in questa situazione difficile è un
tormento. Lo so, stai facendo le riforme che altri paesi hanno fatto decenni
prima di noi, e noi lo apprezziamo il tuo dinamismo. Pero Matteo, una cosa è
abbozzare in Parlamento con Verdini e co. Un conto è cercare di realizzare nel
paese il Partito della Nazione. Hai visto i risultati elettorali non ci hanno
premiati, era più che prevedibile. Noi popolo di sinistra, mai potremo andare
d’accordo con Verdini e i suoi, con gli ex cuffariani, con gli ex berlusconiani,
con gli ex di se stessi che ti cercano solo per salvaguardare il loro potere. Sempre
pronti a salire sul carro dei vincitori. Mestieranti senza mestiere se non
quello di servire il potente di turno. Noi non siamo cosi, noi abbiamo la
nostra identità. Non barattare il referendum con la tua persona, non metterci
davanti ad un aut aut. Tu lo sai, noi a sinistra ci scorniamo, litighiamo, ma
non amiamo gli aut aut. Non è a noi che devi rivolgere la tua rabbia, no, noi,
ti abbiamo permesso di essere li. Non andare a cercare altri, noi siamo qui. E
abbiamo bisogno di un Segretario che si prenda cura della base, che ascolti i
territori. Te l’hanno detto cosa sta succedendo in Sicilia? Matteo rifletti, cosa c’entriamo noi con
quelli che ci hanno sempre dato contro e che ora entrano in massa nel Pd perché
qualcuno glielo permette? Siamo diversi, lo siamo nel cuore, nella mente.
Intellettualmente distanti anni luce. Noi non li vogliamo, per noi saranno
sempre avversari politici. Entrano in casa nostra e fanno pure gli sbruffoni. Fermati
Matteo, guardaci, noi siamo qui e siamo tanti, non ci disgregare. Devi unire,
devi prenderti cura di questo popolo. Vogliamo andare avanti insieme? Lasciali
andare, noi le idee le abbiamo, torniamo al sociale, torniamo a pensare che
vincere a tutti i costi, non conta. Conta vincere per quello che siamo, per
quello che insieme sappiamo fare.
mercoledì 1 giugno 2016
La Vita è bella
“Trasformare
i sudditi in cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere".
Piero Calamandrei .
Piero Calamandrei .
Ieri sera al Cine teatro Astra la scuola Secondaria di I
grado , “Francesco Minà Palumbo” ha presentato il
saggio musicale di fine anno. Centinaia
di studenti si sono esibiti, moltissimi i flauti, tante le danze. Piccoli
musicisti ci hanno regalato un lunghissimo spettacolo emozionante. Questa la
cronaca ma, andiamo alla sostanza. Cosa
c’era ieri sera davvero all’Astra? Cosa ci ha impressionato, cosa ci spinge
oggi a scrivere di quei “piccoli” talenti ? Se è vero, come scrive Calamadrei , che la scuola crea cittadini, ieri sera, la Scuola
Media ci ha dato una grande lezione : Ci ha detto che solo con la dedizione,
con la passione , lo studio , la disciplina ,si possono educare, portare fuori
come si diceva, talenti nuovi. La scuola che educa e coltiva è ciò che rende migliori
i cittadini di domani. C’erano i maestri dell’orchestra, giovani ed entusiasti,
che con i loro “semplici,” ma decisi gesti accompagnavo i musicisti. C’erano i sottili violini, gli allegri
clarinetti, i suadenti sassofoni, i forti tamburi. C’erano le percussioni, le
calde e allegre chitarre, c’era il profondo basso, i flauti davvero magici, poi
le voci che raccontavano di quanto, in fondo, è bella la favola del brutto
anatroccolo, che un po’ tutti siamo brutti anatroccoli, ma che la speranza che
qualcuno si accorga di noi, è sempre dietro l’angolo e che forse ci salveremo.
Questi studenti hanno avuto la fortuna di diventare begli anatroccoli, perché hanno
incontrato docenti che si sono dedicati a loro totalmente. Un plauso va alla
Dirigente della Scuola, Prof.ssa Maria Cicero, che ha voluto fortemente e in tempi non
sospetti , che la Nostra scuola avesse un indirizzo musicale. La musica è l’arte che unisce , crea
quelle alchimie, per cui tutti gli strumenti se suonano insieme in simbiosi fanno si che, suoni sparsi, divengano musica,
armonia; divengano sublime bellezza. In
questa immensa atmosfera mancava la politica tutta. Mancavano tutti i
rappresentanti delle Istituzioni culturali. Non c’erano passerelle, non un
comunicato roboante, nessuna pubblicità. La scuola, ancora una volta, lasciata
sola. La scuola che tanto da, che insegna, che accompagna, che fa crescere, che
si esprime, che ci regala bellezza e talento. Non c’erano microfoni per i “signori”
della politica, perché i protagonisti erano i ragazzi. Una politica lontana
dalla scuola è una politica che non ha nulla da insegnare a nessuno , né oggi né domani. Non ha nulla da dire, si
ciba solo si propaganda, di improvvisazione e di luci finte della ribalta, solo
di se stessa . Ieri sera c’era solo la sostanza che contava. C’erano le lacrime
della commozione ,il battito dell’emozione, la felicità di essere riusciti a “buttare
fuori” la paura e, alla fine , la gioia di averci abbracciati tutti. Ieri c’erano i
ragazzi seduti sulle sedie , non sulle poltrone . Il concerto si è chiuso con la musica de “La
vita è bella”, ed è stato davvero emozionante quando tutti insieme, seduti lì, ognuno
con il proprio strumento stretto stretto, ci hanno gridato che sì, la vita è
bella. L’hanno detto loro a noi, quando dovremmo essere noi a dirlo con forza
ed entusiasmo a loro. Dobbiamo
ringraziare tutti quei ragazzi che, con la loro passione, ci hanno ricordato
che stare insieme, avere un obiettivo comune, non vivere di singolo
protagonismo, si possono realizzare cose belle.
Il più grande insegnamento di ieri sera? credere
che solo lo studio e la dedizione possano davvero far si che la Vita sia bella.
lunedì 23 maggio 2016
Il potere della narrazione
“Non si fa il proprio dovere perché qualcuno ci
dica grazie... lo si fa per principio, per se stessi, per
la propria dignità.”
Oriana Fallaci
Manca poco, manca
davvero poco un anno. In politica il tempo passa velocemente e poi saremo
chiamati a votare. Non ricordiamo che una campagna elettorale sia iniziata mai
così presto, c’è voglia di cambiare, c’è voglia di mettere da parte il presente
e andare avanti. Qualcuno ancora rievoca i fasti del Movimento democratico del
’92 che vide la partecipazione popolare viva e attenta mettersi contro, svegliarsi
quasi, dal torpore di quegli anni. Qualcuno, dicevamo, evoca quel periodo,
cercando anche di attestarsene la paternità. In effetti, furono tanti i giovani
che allora si unirono accomunati da un ideale comune. I più piccoli, anche gli
adolescenti, lasciarono le loro solite distrazioni, per correre ai comizi,
attaccare i manifesti, assistere agli incontri. C’era il Movimento democratico
che aspettava, lo sentivamo, era lì, con il suo palchetto, con le sue riunioni
nella sede di Via Roma. Era sempre pronta la macchina con il megafono, i
capannelli che accoglievano tutti. E tutti c’eravamo. Comunisti, ex comunisti,
socialisti, verdi, cittadini che, come noi, scoprirono la politica e se ne innamorarono
perdutamente. Non si perdeva nessun appuntamento. Nottate infinite, non a
decidere le poltrone, ma a svegliare il paese con idee nuove. C’era la musica,
c’erano i mandolini, le chitarre, c’erano serate in cui ci si riuniva in
qualche casa di campagna. C’era un legame forte che legava quelle persone,
l’amicizia, l’ideale dello stare insieme, anche fuori dai luoghi canonici.
Nacque nel ’92 l’dea di fare campagna elettorale in giro per il paese, non solo
nelle piazze. Si bussava alle porte, erano tanti quelli che giravano per
parlare con la gente, anche il candidato sindaco che non si sottraeva mai. I
cittadini si affacciavano ai balconi, aprivano le porte e uscivano fuori.
Chianu ‘u Puzzi, ‘U Sarvaturi, A strata Ranni, Il Mangano, Santa Croce, quartieri
dimenticati, divennero centri vitali. I cittadini capirono e seguirono. Come un
vento forte che non lascia respirare, quel Movimento andò crescendo e lontano e
ci andò perché si era tutti uguali. I “grandi” aiutavano noi “piccoli” a capire
e comprendere le cose difficili. Scoprimmo la bellezza della democrazia. C’era, quello che manca oggi, la voglia di
stare insieme, di crescere tutti senza lasciare indietro nessuno. C’erano idee
mai banali. I nostri non sono ricordi edulcorati e neanche nostalgici. Sono,
invece, input che vorremmo rivedere oggi poiché Historia magistra vitae. Lo
sappiamo i tempi sono cambiati, molte persone non ci sono più, la società è più
liquida, sorda, presa da mille problemi, quello del lavoro in primis. Non
abbandoniamo l’idea che si possa tornare ad avere fiducia nelle idee, in quelle
che riguardano il Bene di tutti e non quello personale. Tornare a rispettare le
regole e avere rispetto per le Istituzioni che è l’unico modo per rispettare i
cittadini. Questo la politica deve fare, non come avviene in una continua
propaganda assillante e priva di contenuti. La campagna elettorale è iniziata,
sarà lunga, ne vedremo tante. Quello che auspichiamo è che si abbia il coraggio
(ce ne vuole tanto) di non avere timore di cambiare veramente, di lottare
perché questo avvenga. Auspichiamo, ancora, che non ci siano echi di
restaurazione e che lo sfascio che oggi è sotto gli occhi di tutti, possa
essere Humus per nuove intelligenze, (e ce ne sono). Uomini e donne freschi che
possano esprimere la loro voglia di dedicarsi alla Cosa Pubblica. Lasciate
indietro i “curtigli”, lasciate andare le beghe inutili. I temi importanti ci
sono, le cose per cui sfiancarsi di lavoro esistono. Bisogna ora, alzare la
musica, aprire le porte e andare all’obiettivo comune cercando quel vento che
possa condurre Castelbuono alla sua dignità.
venerdì 13 maggio 2016
Lettera aperta a Michela Marzano
Gentile Michela,
Ho letto la sua lettera di dimissioni
dal gruppo del PD, in un primo momento ho pensato, ecco un’altra che se ne va.
Poi rileggendo ho maturato questa riflessione che voglio sottoporle. Lei se ne
va perché il PD, non ha avuto il coraggio fino in fondo di approvare la legge
sulle unioni civili al completo, ma solo in parte. Se ne va perché non c’è
stata chiarezza nel dire: “ non possiamo portare avanti il DDL Cirinnà per
intero”. Lei è stata chiamata in politica da Bersani e Letta per la sua storia
personale, per le battaglie che ha fatto, per i temi importanti che ha trattato
e per l’educazione che, con la filosofia, imprime ai suoi studenti. Lei era ed
è il prototipo perfetto del politico aristotelico, quello che non baratta il
suo ruolo per prebende ma, mette al servizio della Comunità il suo sapere. Sono
dimissioni morali e non politiche quelle che ha presentato. Difende fino in
fondo la sua appartenenza e le promesse che aveva fatto al suo elettorato. Fin qui tanto di cappello. In Italia c’è
qualcun che si dimette per un ideale a garanzia di un’idea comune. C’è da dire
che, e non è una scusante, che la politica è l’arte del compromesso,
intendiamoci quello valido per tutti e non solo per alcuni. Così almeno
dovrebbe essere. Credo, che nelle condizioni attuali, il PD abbia fatto tutto
il possibile. Lo vede Lei Alfano votare sulle adozioni omosessuali e non solo? Lo
vede lei chiamare le unioni civili matrimonio? Li vede i Cinque Stelle, qualunquisti e “sempre
no” a prescindere e per definizione, assumersi una responsabilità così
importante. E cosa direbbero all’elettorato cattolico? Unico pensiero ossessionante
di certa politica. Io no, perché loro nel medioevo morale hanno sguazzato,
vissuto. Hanno campato con la politica del “un colpo al cerchio e uno alla
botte” per non dispiacere nessuno. Questi non sono politici coraggiosi che
hanno ideali e li portano avanti. La loro agenda non è dettata dai bisogni dei
cittadini, ma dalla convenienza del momento. Non le rimprovero che lei abbia
lasciato il PD, le rimprovero, invece, di non avere usato la sua posizione di
privilegio e la sua autorevolezza per lottare ancora per i diritti civili
dentro il PD. Se ne va lei, certo resteranno ancora politici capaci, ma lei non
ci sarà più. In virtù proprio della sua storia, fatta di mille battaglie e
tante sofferenze, humus, per come la vedo io, di spirito civico. Questo è
quello che mancherà alla politica da oggi, un pezzo importante dell’intellettuale
onesto e pulito che vede oltre, che sa immaginare una società migliore. Lei si
è fermata al primo ostacolo politico, avrebbe, invece dovuto andare oltre, come
si dice, buttare il cuore oltre l’ostacolo e continuare la battaglia più importante.
Lei che è capace di ragionamenti seri e profondi, lei che ha molta cultura da
infondere a tutti noi, avrebbe dovuto insegnarci che bisogna osare, andare
avanti, mettersi contro certe logiche. Questo avrebbe dovuto fare dentro il PD
che a mio modesto parere, in questo momento storico, è ‘unico partito che se
decide una cosa la fa, almeno a livello nazionale. Mi permetto di dirle ancora
un’ultima cosa, tempo fa ci siamo sentite per organizzare nel mio paese la
presentazione del suo ultimo libro, poi per vari motivi non fu più possibile. Fu
un’occasione mancata per me, per i miei concittadini. E lo fu per una politica
inutile, fatta solo di passerelle che non ha a cuore l’educazione sentimentale.
A dire il vero non sa neanche cosa sia. Ecco,
quello che le propongo e di partire da lì, dall’educazione sentimentale che in
politica manca. Quel senso del giusto che abbiamo perso, quel sentimento di egualitarismo
per tutti che per decenni in Italia è mancato. Io mi auguro che lei continui su
questa strada dove c’è ancora molto da fare. Un paese come il nostro che non
legge che non studia quanto dovrebbe è destinato, altrimenti, a vedere sfilare
le veline e non a interrogarsi con curiosità e non con morbosità sulle questioni
veramente importanti. Non smetta noi, non lo meritiamo. Ricordiamoci sempre che
la politica è come sei ogni giorno.
martedì 26 aprile 2016
Chi chiederà scusa?
“Il teatro per la sua intrinseca sostanza è fra le arti la più idonea a
parlare direttamente al cuore e alla sensibilità della collettività. Noi
vorremmo che autorità e giunte comunali si formassero questa precisa coscienza
del teatro considerandolo come una necessità collettiva, come un bisogno dei
cittadini, come un pubblico servizio alla stregua della metropolitana e dei
vigili del fuoco”.
Paolo Grassi
Paolo Grassi
In questa rubrica abbiamo spesso usato l’ironia per raccontare le
inutili politiche di quest’amministrazione. Lo abbiamo fatto perché crediamo
sia l’unico modo per raccontare gli strafalcioni che continuamente commette.
Stavolta però non ci riusciamo e torniamo ai toni seri, come merita la
questione. Nei giorni scorsi una
importante comunicazione è stata
nascosta dalla solita propaganda politica. La
notizia non sembra avere avuto la rilevanza che merita, non solo per questa
inefficiente amministrazione, ma anche per l’intera comunità. E’ giunta
ufficialmente la revoca del finanziamento per la ricostruzione del teatro “Le
Fontanelle” e invece di strapparsi le vesti e fare mea culpa, il Nostro e la
sua Mini maggioranza fanno calare il silenzio. Indubbiamente il fallimento
politico è questione annosa, il Nostro ha messo il carico con una serie di
scelte ed errori enormi. Così come per l’area artigianale, anche il Teatro “Le
Fontanelle” rimarrà una cattedrale (brutta) nel deserto. Tutti però si
scompigliano a dire, quando serve, che la cultura porta lavoro, che “siamo
vicini ai nostri artigiani” e via dicendo. Due opere importanti ferme al palo.
Per incapacità politica? Per inadempienze amministrative? Progettuali? Si parla
tanto di competenze, di esperti, ma per cosa li spendiamo i soldi, a chi affidiamo
incarichi a iosa se non sono indirizzati a sbloccare opere così importanti?
Saranno mai accertate e chiarite queste responsabilità? Lasciate stare i
proclami, non dite più che Castelbuono è la “Capitale della cultura delle
Madonie”, non è del tutto vero. Castelbuono non è riuscita a fare quel salto di
qualità che merita, perché non c’è una classe dirigente capace di assumersi la
responsabilità progettuale che la porti lontano e che metta finalmente radici
forti. Assistiamo inermi all’improvvisazione pura. Se come dice Paolo Grassi
-Il teatro per la sua intrinseca sostanza è fra le arti la più idonea a parlare
direttamente al cuore e alla sensibilità della collettività- cosa aspettano gli
“attori” teatrali a gridare allo
scandalo e ad intraprendere, come dovrebbero, una protesta civile, seria, che faccia
da contraltare alla deriva culturale esistente? Il silenzio è da ambo le parti,
tace la politica e tacciono, ahimè, anche gli operatori culturali. Tace la
Comunità bombardata costantemente da comunicati
del tipo: “quanto è bello tutto quello
che facciamo”, oppure: “quanto siamo bravi a realizzare tutto quello che pensiamo”.
Propaganda atta solo a fare pubblicità “ad
personam” e indifferente alla crescita comune. Siamo già in campagna
elettorale e si sa, tutti sono utili e nessuno è indispensabile. Se ci fosse
consapevolezza collettiva, quel sentimento civico che distingue una Comunità da
un’altra, nel segno della maturità e del senso della cultura, oggi la protesta
civica ci sarebbe indipendentemente dall’appartenenza politica. In questo si
vede che Castelbuono non è cresciuta, perché nessuno l’ha fatta crescere,
nessuno ha saputo incidere positivamente. Il fallimento ci accomuna tutti. Il
teatro non ha colore, è il centro vitale di una Comunità. E’ il luogo dove si
sperimenta, si cresce, s’impara a fare “gruppo” ad amare e considerare l’altro.
A denunciare e a purificarsi. La catarsi greca quante cose ci ha insegnato! E’
palestra dell’anima e del cuore. Castelbuono vanta da secoli, fin
dall’Accademia dei Curiosi dei Ventimiglia, un legame forte con il Teatro, la
nostra storia è dentro quel Teatro. Il Gruppo T, il Gruppo Teatro Incontro e
molti altri. Dove ci siamo persi? Quando è accaduto che anche noi abbiamo
vanificato l’interesse collettivo, sostituendolo con quello personale? E ci
sarà mai qualcuno un giorno che, consapevole delle proprie inadempienze o
responsabilità, troverà il coraggio di chiedere pubblicamente scusa per il grave
danno creato alla nostra Comunità?
lunedì 18 aprile 2016
Il Nostro, il Fattore K e ….l’ultima uscita: ”AREA DI SERVIZIO”.
“Salta in piedi Sancho, è tardi, non vorrai dormire ancora
solo i cinici e i codardi non si svegliano all'aurora
per i primi è indifferenza e disprezzo dei valori
e per gli altri è riluttanza nei confronti dei doveri L'ingiustizia non
è il solo male che divora il mondo
anche l'anima dell'uomo ha toccato spesso il fondo
ma dobbiamo fare presto perché più che il tempo passa
il nemico si fà d'ombra e s'ingarbuglia la matassa…
Mi vuoi dire caro Sancho, che dovrei tirarmi indietro
perchè il male ed il potere hanno un aspetto così tetro?
Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità
farmi umile e accettare che sia questa la realtà?
Don Chisciotte e Sancho Panza insieme:
Il potere è l'immondizia della storia degli umani
e anche se siamo soltanto due romantici rottami
sputeremo il cuore in faccia all'ingiustizia giorno e notte
siamo i grandi della Mancha
Sancho Panza e Don Chisciotte!”
Don Chisciotte
Il Nostro e il suo fedele
scudiero, il Fattore K, (l’unico rimastogli) come novelli Don Chisciotte e
Sancio Panza, decidono che è arrivato il momento di agire. Da qualche tempo la
Rampante è in piena campagna elettorale, serve una mossa che possa metterla ko
e svilire le sue pretese. Il Nostro, arguto e innovativo come sempre, decide
allora di incamminarsi con Il Fattore K verso il Cammino di Santiago di
Compostela per avere lumi su come agire. I due in groppa a due asinelli comunali,
in riposo compensativo, partono per questo lungo viaggio. Baldanzosi e
disperati allo stesso tempo, non fanno altro che parlare e scartare ipotesi. “A
cu pigliami? Cu arristavi? Facimmi fora a tutti…Erami ‘na guardia e ora?”… Sconfortato
il Nostro, rivela le sue preoccupazioni al Fattore K che in verità, al momento
ha un’unica preoccupazione, non farsi buttare giù dall’asino. Durante il
cammino, incontrano diversi cittadini che si chiedono: “Ma chi fa, finalmenti
si ni va? Era ora, u capivi ca unnè cosa…”.
In paese non si parla d’altro, i cittadini si sentono liberati. Si diffonde repentina la voce, pure Emilio
passa cu banni, la cosa sembra certa. Esulta soprattutto la Rampante che organizza
subito un Ballo della Cordella in piazza Margherita per festeggiare. Non sanno
gli ignari cittadini che i due eroi, serbano una sorpresa. Il Cammino è lungo e
impervio. “Cu mu fici fari? Sugni puri in pinsioni, cu mi ci purtavi? “…impreca
il Fattore K mentre il Nostro distante
non lo sente. Un viatico più che un viaggio. Ad un certo punto, i due giungono ad
un crocevia. Una ,strada va a Sinistra, un’altra prosegue al Centro e l’altra a Destra. Come l’asino di Buridano, il Nostro non sa decidere: “da qualche tempo dico di essere
Renziano nei valori ma a Sinistra non mi vogliono. Al Centro ho fatto già
una brutta esperienza: pigliai tutti chiddri ca si putiva piglairi e mi lassaru
sulu comu un cani . A Destra …beh, si vaiu a Destra, la Rampante mi sgrifa”…Cosa
fare dunque? Il momento è topico. Davanti a quell’incrocio restano fermi più di
una settimana, si sa il Nostro è un tipo
lento, lento….lentissimo come l’asino, non prende una decisione neanche sotto
tortura. Passano i giorni e il Fattore K sente il bisogno di fare una pausa,
certi “bisogni” si fanno incipienti.
Poco distante dall’incrocio intravedono un’Area di Servizio. I due si avviano e la
raggiungono.
Giunti all’Area di Servizio, il
Nostro come in trance, comincia a declamare il suo nuovo manifesto politico:
“Contro il malaffare, contro le ingiustizie, contro il clientelismo, per
continuare nel solco da me già tracciato, per costruire un mondo migliore, più giusto,
a mia immagine e somiglianza, realizzeremo in un’ AREA DI SERVIZIO, un grande
progetto politico, innovativo, denso di culture politiche diverse che si
fondono per raggiungere un unico e preciso obiettivo: “NON FARMI LAVORARE PER
ALTRI CINQUE ANNI”. Sconvolto il Fattore K, non riesce neanche a scendere
dall’asino. Come potrà difendere l’indifendibile? Stanco e provato non se la
sente di fare ancora una campagna elettorale al fianco del Nostro. Deve trovare
il modo di sganciarsi e scendere definitivamente dall’asino . “Sindaco, detta
così sembra un insulto, va bene che la politica, quando vuole, giustifica
tutto, e nuatri cosi assurdi n’ami giustificati, però mi permetto di fare
notare: un progetto non lo abbiamo mai avuto, cultura mancu a parrarini, ‘u
clientelismo ‘u facimmi, n’accattami du consiglieri e ci facimmi fari
l’assessura pi un farini fari a sfiducia…Neca stami esageranni ora? I chistiani
già ca ni puonni vidiri assai…”. Il Nostro, restando in groppa all’asino ma con
la testa più dura di un mulo, ormai ha deciso e, con la flemma che trova sempre
nei momenti più disperati, sentenzia: “Caro Fattore K, i chistiani pua su
scordani, ora ci dami balli e feste e viri ca su scordani. Nell’ “AREA DI
SERVIZIO” c’è spazio per tutti e per tutto. Rifletti, cosa si fa in un’area di
Servizio? Si prende un caffè, si fa pipì, si metti a benzina, ca ‘o paisi custa
assai, si fanno due passi e ci si rilassa. Ma la cosa più straordinaria che si
può fare, sopra ogni altra cosa, è che nella nostra “AREA DI SERVZIO” ci si FERMA in sosta permanente e BASTA. Si
può stare fermi e sostare per ore e ore, giorni e giorni ma anche anni, senza
che nessuno ti possa mandare via. ESATTAMENTE COME AL COMUNE!
Caro Fattore K, questa idea dell’”AREA
DI SERVIZIO” è talmente potente e geniale ca sugni sicuri ca ma copiani. Il Fattore K a questo punto ferma l’asino,
scende e con passo risoluto e deciso entra nell’ “AREA DI SERVIZIO”. Si libera
del “bisogno incipiente” e, dopo avere tirato un profondo respiro liberatorio,
dice tra se e se, a bassa voce: “ormai a mia iri appriessi o farmi purtari di
scecchi ‘un mi servi cchiù…. Ora mi pigliu ‘na bella durmusa, mi stinnicchiu….. e ppi natri cinq’
anni, ma puonnu sulu…. annacari ! ”
giovedì 31 marzo 2016
Chiuso per mancanza d’idee
"... Non vogliate negar l'esperienza di retro al sol, del
mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza fatti non foste a viver come
bruti ma per seguir virtute e canoscenza" (Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno canto
XXVI, 116-120)
Chiusi
nelle stanze del Castello come in un girone dell’Inferno, il Nostro e Il
direttivo del Museo accompagnati dalla Rampante Assessora alla cultura, cercano
un modo clamoroso per fare propaganda e saltare agli onori della cronaca. Unica attività, per la verità, a cui si dedicano a tempo pieno fin dal loro
insediamento. (Da qualche tempo solo di questo si occupano da quelle parti). Passa
il tempo ma nessuna idea illumina le loro menti. Salgono allora in Cappella e si rivolgono, con
finta e fervida devozione, alla nostra Patrona che guadandoli con
tenerezza e sguardo compassionevole dice
loro: “Carù unnè u minuti, e dopo quello che avete combinato recentemente in
questi luoghi cca' unn' aviti nenti 'i
fari e cchi circari”. Tentano ancora con un'ultima accorata supplica alla
Patrona la quale, però, rimane irremovibile. Stanchi, provati e demoralizzati,
(sentono i morsi della fame e la flemma del sonno,) ma non disposti a
rinunciare alla loro mission di “galleggiare sugli albori della cronaca”, sommessamente dicono: “Ccià essiri na cosa
nova da propagandare;... il falso bando u facimmi, ...a passerella di presidenti a ficimu,…. i sordi l’ami spinnuti
a beddru cori,…. Chi cosa putiemu fari?”. A un certo punto, il Nostro, acuto e
avvezzo all’innovazione esclama: “Chiudiamo il Castello “a singhiozzo” e
cosi,tutti ne parleranno”. “Geniale”!- si sente esclamare dalla Direzione - “tanto
la mia costante presenza al Castello non è indispensabile e, poi, una proposta così “estemporanea”, sul piano dell'immagine, sarà più efficace e
produttiva, delle mie incomprese scelte di arte contemporanea”.
“Non solo”- continua il Nostro- “dobbiamo dunque procedere cambiando l’orario di apertura del Castello. Per es.:
apriamo il lunedì ma solo dalle tre alle cinque di notte. Il martedì chiudiamo.
“E la messa di Sant’Anna cu ciù dici all’Arciprete” - sentenzia la Rampante. - “TU” dice il
Nostro e continua….Tutti i giorni di festa. Natale, Capodanno, Pasqua, lunedì
di Pasqua, venticinque aprile, Primo maggio, Sant’Anna, Novena compresa,
Ferragosto, Crocifisso, San Vincenzo, Santa Lucia di campagna e pure quella di
città, San Giuseppe, tutti i tridui e pure per l’Ypsigrock e ovviamente pure per
il mio compleanno …...CHIUDIAMO TUTTA LA GIORNATA. Il mercoledì APRIAMO, solo durante il vespro, dalle
diciotto alle diciannove. Il giovedì solo il pomeriggio, dalle 14.37 alle
15.07, accussì i chistiani 'a matina
puonni iri o mircati senza pinsera. Poi i mesi: novembre chiuso, ma solo in
anni bisesti. Dicembre poi vediamo, febbraio chiuso mentre a Gennaio, questa è proprio una
genialata, APRIAMO a SORPRESA, ma
comunque solo la prima settimana e
l’ultimo giorno del mese. U venerdì, na vota sì e na vota no, a secunni di comi nni gira. Sabato solo la
mattina, ma solo una volta al mese e domenica CHIUSO. 'U viditi comu sugni spierti, chi sugni
bravi, 'nna na botta truvai 'na soluzioni pi tutti cosi”. Senza cuntari ca
natr'anni ci su l’elezioni e accussì puri l’impiegati su chiù cuntenti”.
Trovata la soluzione, il Nostro, la Rampante e quel che resta
dell’Amministrazione del Museo, si sentono in una botte di ferro, hanno saputo
fare squadra, tutti parleranno della loro genialata. Altro che tavolo tecnico
delle Istituzioni! Il Nostro ha già
diramato il nuovo ordine al collaudatissimo sistema alert! Un cittadino che
ogni giorno si reca a Sant’Anna per devozione, salendo le scale, li vede
euforici fare festa e chiede il perché di così tanta allegrezza: “Abbiamo
deciso di Rapiri e Chiudiri u Castieddri” 'a singhiozzo”, dice sinuosa la
Rampante mentre si fa scivolare sulla ringhiera delle scale. Incredulo, il
devoto, esclama soltanto una flebile
frase: “Minchia!!! E siddri uni a veniri a truvari a Matri Sant'Anna cchi fa?
Prima si prenota, pua sona u campanelli
e scinni iddra a rapiri 'u purtuni?i”.
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