Lentamente, molto lentamente
prendetevi del tempo e andate a cercare il Paese del dente di leone. Lì e solo
lì troverete tanti piccoli esseri che vivono in armonia tra loro, sono così
piccoli e innocui che noi umani neanche li consideriamo, ma è un mondo infinito,
dove si esprime molta vita. La loro è un’esistenza piccola, molto piccola eppure
tanto fantastica. Vivono tutti insieme, anche se sono di natura diversa. Loro
non sono come noi umani, non si guardano con sospetto, mangiano, camminano, si
danno consigli. Solo nel Paese del Dente di Leone, una lumaca e una tartaruga
possono fare un tratto di vita insieme. Si conoscono per caso, ma non ci fanno
caso e iniziano a parlare, come se si conoscessero da sempre. La tartaruga dal
nome Memoria battezza la lumaca dalle mille domande con il nome di Ribelle. Noi
umani non amiamo i ribelli, li ostacoliamo, li allontaniamo perché ci spaventano.
Memoria, invece, che conosce gli umani e sa quanto crudeli possono essere,
chiama Ribelle la lumaca che, da sola, ha osato allontanarsi dalla sua colonia,
per conoscere la verità. Chi è, perché è così lenta e perché non ha un nome?
Sono amiche Memoria e Ribelle. Senza Memoria non può esserci ribellione, senza
conoscenza del passato non si può criticare il presente e migliorare il futuro.
E’ saggia Memoria, è anche stanca, ha accumulato tanta esperienza, è stata ferita,
amata, accudita e infine abbandonata. Questo, tutto questo bagaglio, lo porta
dentro di sé e ne fa tesoro, non lo disperde, lo conserva gelosamente. Memoria
è intelligente e così da una mano alla lumaca, sempre crucciata della sua
lentezza. Le fa conoscere la bellezza dell’essere lenti, perché permette di
vedere i pericoli, saperli valutare e infine scegliere è importante.
Ribelle è estasiata, la
conoscenza con Memoria le ha cambiato la vita, l’ha resa consapevole delle sua
capacità, dell’importanza di porsi delle domande, di non stancarsi mai di
conoscere e di avere curiosità per la vita e per se stessa.
E’ una storia profonda, vera. L’amicizia
prima di tutto, anche da chi non te lo aspetti; il rispetto per le idee altrui,
la curiosità, l’incessante portare dietro con sé il passato e renderlo vivo
nell’insegnamento. La saggezza che si tramanda, la gioventù che spinge oltre le
porte di ciò che è banale, fermo, immobile.
Vecchiaia e giovinezza, odio e
amore, stanchezza e lentezza, egoismo e altruismo. Possiamo ancora imparare dalle
fiabe, come gli antichi ci hanno insegnato, tanto e molto ancora da una lumaca
che grazie alla tartaruga scoprì l’importanza della lentezza.
TESTO
“ Una volta sistemata là sopra,
dietro la testa della tartaruga, la lumaca chiese dove stava andando, ma l’altra
ribattè che non era la domanda giusta e che avrebbe dovuto chiederle invece da
dove veniva. Così, mentre da lassù la lumaca vedeva passare le erbe del prato a
una rapidità sconosciuta, la tartaruga le raccontò che veniva dall’oblio degli
esseri umani.
“Non so cos’è l’oblio e non
conosco nemmeno gli esseri umani” sussurrò la lumaca.
Allora la tartaruga diminuì la
velocità e parlò del suo ingresso felice in una casa dove non mancavano mai le
fresche foglie di lattuga, la sugosa polpa di pomodoro e il dolce nettare delle
fragole. Dei piccoli di umano si prendevano cura di lei, la coccolavano e le
avevano persino preparato un comodo letto di paglia in fondo al giardino. Nei
giorni di sole cocente quel giardino era il suo mondo, ma quando la fredda
pioggia accorciava le giornate e poi quando la neve trasformava il cortile in
una gelida distesa inospitale, i piccoli di umano la portavano in casa e la
facevano dormire in un angolo tiepido e accogliente.
“Non si può dire che te la
passassi male” commentò la lumaca.
“Non mi lamento, ma gli esseri
crescono e dimenticano” sospirò la tartaruga e le riferì come, col trascorrere
del tempo, man mano che i piccoli di umano erano diventati prima giovani e poi
adulti, le attenzioni erano costantemente diminuite, il cibo si era fatto più
scarso, finchè non l’avevano considerata soltanto una presenza molesta di cui
bisognava liberarsi e l’avevano abbandonata nel prato.
La lumaca si rattristò a sentire
la storia della tartaruga e divenne ancora più triste quando lei, sempre
cercando lentamente fra le tante parole che conosceva, le disse che stava
attraversando quel prato, fra esseri strani a volte gentili e a volte ostili, per
sempre lontana da quella che era stata la sua casa, perché era diretta in un
luogo vago che aveva per nome la parola più crudele. Si chiamava esilio.
“Dimmi prima cosa cerchi” rispose
la tartaruga, e la lumaca le spiegò che voleva conoscere i motivi della propria
lentezza e anche avere un nome, perché l’acqua che cade dal cielo si chiama
pioggia, i frutti dei rovi si chiamano more e la delizia che cola dai favi si
chiama miele. E poi le spiegò che la sua domanda e il suo desiderio irritavano
le altre lumache, al punto che avevano minacciato di cacciarla dal prato, e che
lei aveva preso la decisione di andarsene e di non fare ritorno finchè non
avesse avuto una risposta e un nome.
La tartaruga cerco con più calma del
solito le parole per replicare e le raccontò che durante la sua permanenza
presso gli umani aveva imparato molte cose. Per esempio che quando un umano
faceva domande scomode, del tipo: “E’ necessario andare così in fretta?” oppure
“Abbiamo davvero bisogno di tutte queste cose per essere felici?” lo chiamavano
Ribelle.
“Ribelle, mi piace questo nome!”
sussurrò la lumaca. “A te gli umani hanno dato un nome?”:
“Sì, visto che non ho mai
dimenticato la strada di andata né quella di ritorno mi hanno chiamato Memoria…ma
poi sono stati loro a dimenticare me”.
“Allora, Memoria, proseguiamo
insieme?” domandò la lumaca.
“D’accordo, Ribelle” rispose la
tartaruga e girando su ste stessa lentamente, molto lentamente, le spiegò che
sarebbero tornate sui loro passi perché voleva mostrarle qualcosa di
importante. Qualcosa che le avrebbe fatto capire che erano compagne di strada
fin da prima di conoscersi.
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