venerdì 4 marzo 2016

Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza

Lentamente, molto lentamente prendetevi del tempo e andate a cercare il Paese del dente di leone. Lì e solo lì troverete tanti piccoli esseri che vivono in armonia tra loro, sono così piccoli e innocui che noi umani neanche li consideriamo, ma è un mondo infinito, dove si esprime molta vita. La loro è un’esistenza piccola, molto piccola eppure tanto fantastica. Vivono tutti insieme, anche se sono di natura diversa. Loro non sono come noi umani, non si guardano con sospetto, mangiano, camminano, si danno consigli. Solo nel Paese del Dente di Leone, una lumaca e una tartaruga possono fare un tratto di vita insieme. Si conoscono per caso, ma non ci fanno caso e iniziano a parlare, come se si conoscessero da sempre. La tartaruga dal nome Memoria battezza la lumaca dalle mille domande con il nome di Ribelle. Noi umani non amiamo i ribelli, li ostacoliamo, li allontaniamo perché ci spaventano. Memoria, invece, che conosce gli umani e sa quanto crudeli possono essere, chiama Ribelle la lumaca che, da sola, ha osato allontanarsi dalla sua colonia, per conoscere la verità. Chi è, perché è così lenta e perché non ha un nome? Sono amiche Memoria e Ribelle. Senza Memoria non può esserci ribellione, senza conoscenza del passato non si può criticare il presente e migliorare il futuro. E’ saggia Memoria, è anche stanca, ha accumulato tanta esperienza, è stata ferita, amata, accudita e infine abbandonata. Questo, tutto questo bagaglio, lo porta dentro di sé e ne fa tesoro, non lo disperde, lo conserva gelosamente. Memoria è intelligente e così da una mano alla lumaca, sempre crucciata della sua lentezza. Le fa conoscere la bellezza dell’essere lenti, perché permette di vedere i pericoli, saperli valutare e infine scegliere è importante.
Ribelle è estasiata, la conoscenza con Memoria le ha cambiato la vita, l’ha resa consapevole delle sua capacità, dell’importanza di porsi delle domande, di non stancarsi mai di conoscere e di avere curiosità per la vita e per se stessa.
E’ una storia profonda, vera. L’amicizia prima di tutto, anche da chi non te lo aspetti; il rispetto per le idee altrui, la curiosità, l’incessante portare dietro con sé il passato e renderlo vivo nell’insegnamento. La saggezza che si tramanda, la gioventù che spinge oltre le porte di ciò che è banale, fermo, immobile.
Vecchiaia e giovinezza, odio e amore, stanchezza e lentezza, egoismo e altruismo. Possiamo ancora imparare dalle fiabe, come gli antichi ci hanno insegnato, tanto e molto ancora da una lumaca che grazie alla tartaruga scoprì l’importanza della lentezza.

TESTO
“ Una volta sistemata là sopra, dietro la testa della tartaruga, la lumaca chiese dove stava andando, ma l’altra ribattè che non era la domanda giusta e che avrebbe dovuto chiederle invece da dove veniva. Così, mentre da lassù la lumaca vedeva passare le erbe del prato a una rapidità sconosciuta, la tartaruga le raccontò che veniva dall’oblio degli esseri umani.
“Non so cos’è l’oblio e non conosco nemmeno gli esseri umani” sussurrò la lumaca.
Allora la tartaruga diminuì la velocità e parlò del suo ingresso felice in una casa dove non mancavano mai le fresche foglie di lattuga, la sugosa polpa di pomodoro e il dolce nettare delle fragole. Dei piccoli di umano si prendevano cura di lei, la coccolavano e le avevano persino preparato un comodo letto di paglia in fondo al giardino. Nei giorni di sole cocente quel giardino era il suo mondo, ma quando la fredda pioggia accorciava le giornate e poi quando la neve trasformava il cortile in una gelida distesa inospitale, i piccoli di umano la portavano in casa e la facevano dormire in un angolo tiepido e accogliente.
“Non si può dire che te la passassi male” commentò la lumaca.
“Non mi lamento, ma gli esseri crescono e dimenticano” sospirò la tartaruga e le riferì come, col trascorrere del tempo, man mano che i piccoli di umano erano diventati prima giovani e poi adulti, le attenzioni erano costantemente diminuite, il cibo si era fatto più scarso, finchè non l’avevano considerata soltanto una presenza molesta di cui bisognava liberarsi e l’avevano abbandonata nel prato.
La lumaca si rattristò a sentire la storia della tartaruga e divenne ancora più triste quando lei, sempre cercando lentamente fra le tante parole che conosceva, le disse che stava attraversando quel prato, fra esseri strani a volte gentili e a volte ostili, per sempre lontana da quella che era stata la sua casa, perché era diretta in un luogo vago che aveva per nome la parola più crudele. Si chiamava esilio.
“Dimmi prima cosa cerchi” rispose la tartaruga, e la lumaca le spiegò che voleva conoscere i motivi della propria lentezza e anche avere un nome, perché l’acqua che cade dal cielo si chiama pioggia, i frutti dei rovi si chiamano more e la delizia che cola dai favi si chiama miele. E poi le spiegò che la sua domanda e il suo desiderio irritavano le altre lumache, al punto che avevano minacciato di cacciarla dal prato, e che lei aveva preso la decisione di andarsene e di non fare ritorno finchè non avesse avuto una risposta e un nome.
La tartaruga cerco con più calma del solito le parole per replicare e le raccontò che durante la sua permanenza presso gli umani aveva imparato molte cose. Per esempio che quando un umano faceva domande scomode, del tipo: “E’ necessario andare così in fretta?” oppure “Abbiamo davvero bisogno di tutte queste cose per essere felici?” lo chiamavano Ribelle.
“Ribelle, mi piace questo nome!” sussurrò la lumaca. “A te gli umani hanno dato un nome?”:
“Sì, visto che non ho mai dimenticato la strada di andata né quella di ritorno mi hanno chiamato Memoria…ma poi sono stati loro a dimenticare me”.
“Allora, Memoria, proseguiamo insieme?” domandò la lumaca.

“D’accordo, Ribelle” rispose la tartaruga e girando su ste stessa lentamente, molto lentamente, le spiegò che sarebbero tornate sui loro passi perché voleva mostrarle qualcosa di importante. Qualcosa che le avrebbe fatto capire che erano compagne di strada fin da prima di conoscersi.

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